il manifesto 16.4.16
De Magistris: «Con il voto di domenica due Italie a confronto»
Intervista.
Il sindaco di Napoli De Magistris difende l’istituto referendario e
attacca Renzi: «Altro che rottamatore, difende le lobby e non rispetta
la sovranità popolare. Ma nel paese cresce il dissenso»
di Adriana Pollice
NAPOLI
Martedì scorso i climber di Greenpeace erano entrati in azione a
Napoli, srotolando in Galleria Umberto un’immagine raffigurante la
piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, andata in fiamme nel Golfo
del Messico nel 2010. Ieri, ancora a Napoli, i Verdi hanno chiesto al
parroco della chiesa di Piedigrotta di benedire il mare di Mergellina
per propiziare il raggiungimento del quorum. Schierati per il sì anche
la giunta partenopea e il sindaco, Luigi de Magistris.
Sindaco, perché è importante andare a votare?
Il
referendum di domani è in continuità con le battaglie in difesa della
costituzione, dell’acqua pubblica, del paesaggio, del mare, del
patrimonio storico-artistico. Proviamo a mettere un tassello per
contrastare le politiche liberiste di commistione e concentrazione di
poteri, come l’inchiesta Tempa Rossa ci ha mostrato. Si tratta di
fermare politiche fatte di concessioni infinite alle società
petrolifere, percentuali di favore nell’estrazione del greggio a costo
del massacro del territorio, com’è accaduto in Val d’Agri e poteva
accadere alle Tremiti o nei Campi Flegrei. È un referendum che mette di
fronte due differenti modelli politici, culturali, economici e alla fine
anche di legalità.
Renzi invita a non votare perché il «referendum è una bufala». Napolitano parla di consultazione «pretestuosa»…
Entrambi
sono legati a questo sistema che sta dietro, o avanti, alle politiche
del governo, vicine alle lobby: i petrolieri, le banche, le multiutility
degli inceneritori e dei servizi idrici. Il governo non ha voluto
accorpare il referendum alle amministrative e Renzi attacca un istituto
previsto dalla democrazia. Il premier non rispetta la sovranità
popolare, tanto che vuole cambiare le leggi sull’acqua ribaltando il
referendum del 2011. Napoli è l’unica città che ha mantenuto fede al
voto popolare sul sistema idrico.
Renzi schiera governo e
maggioranza Pd per l’astensionismo. Per invertire la tendenza si stanno
impegnando soprattutto le realtà locali.
Lo slancio democratico
negli ultimi anni è arrivato soprattutto da movimenti e comitati in
difesa dei territori, contro discariche, inceneritori, Tav, Ponte sullo
stretto, centrali nucleari. Il governo è insofferente e sta cercando di
intervenire con impostazioni di tipo securitario contro le proteste.
Renzi sa che nel paese i movimenti sono forti. Non a caso si sta
disinteressando delle amministrative ma ha scelto di attaccare il
sindaco di Napoli, perché qui si sta realizzando una vicinanza,
nell’autonomia, tra amministrazione e un nuovo modo di fare politica dal
basso. Renzi, invece, vuole consolidare e far ripartire le politiche
liberiste, non è un rottamatore ma il saldatore del sistema intorno alle
lobby. Nel paese però cresce il dissenso.
La Campania è tra le
regioni che hanno promosso il referendum. Il governatore De Luca prima
ha cavalcato la protesta, poi ci ha ripensato.
Si è creato un asse
Renzi-De Luca. Era già successo con l’acqua: la legge regionale sul
sistema idrico voluta dal governatore è pessima e va nella direzione che
piace al governo. E poi è successo ancora con il piano di
trasformazione urbana di Bagnoli affidato al commissario dal governo:
non vorrei che si usassero le vesti istituzionali per fare campagna
elettorale contro il sindaco di Napoli, perché non va bene che a
quattr’occhi si dica che il commissariamento è una cosa grave però lo fa
il presidente del consiglio, viva il presidente del consiglio.
Le
norme sulle trivellazioni sono state inserite nello Sblocca Italia, le
regioni hanno promosso i referendum e il governo è intervenuto in legge
di Stabilità, facendo decadere tutti i quesiti tranne uno. Lo stesso a
Bagnoli: lo Sblocca Italia commissaria l’area e l’affida a una società
mista pubblico-privata, l’amministrazione fa ricorso così il governo
modifica il decreto nel Milleproroghe. Si forzano le norme e, in caso di
protesta, si aggiusta il tiro.
Il governo Renzi sta attentando
alla costituzione a colpi di maggioranza con le opposizioni che escono
dall’aula. Sta svuotando la Carta a colpi di leggi ordinarie, decreti e
fiducie. Sta mettendo da parte la sovranità popolare e la democrazia di
prossimità, come a Bagnoli: cancella sindaco e cittadini, mette un
commissario e realizza la commistione tra presunto interesse pubblico e
predeterminati interessi privati, cioè la stessa logica che c’è dietro
le trivelle, come le vicende lucane dimostrano. La sua posizione sul
referendum fa capire come il governo sia insofferente al bilanciamento
costituzionale dei poteri, alle autonomie, ai controlli democratici, ora
diventa insofferente anche ai magistrati. E ai diritti, come ha
dimostrato col Jobs act e sul luogo primario della democrazia che è la
scuola. Insofferente ai giovani perché come vede una protesta va in
tilt. È un disegno che tende a sovvertire la costituzione repubblicana.