il manifesto 15.4.16
Napolitano senza quorum
17 aprile.
L’ex capo dello stato dà man forte a Renzi difendendo l’astensione. Il
quesito sui cui si voterà domenica, dice, è pretestuoso e infondato.
Sconfessando così la Consulta e il suo presidente. Il premier entusiasta
dell’assist: «Magistrale. Il referendum voluto dai consigli regionali è
una bufala»
di Andrea Colombo
La contromossa di
Matteo Renzi è scattata ieri, con la piena complicità, impossibile dire
se e quanto coordinata, di Giorgio Napolitano. Che solo il premier tra
tutte le cariche istituzionali inviti all’astensione pare brutto? Niente
paura, tanto in Italia c’è il presidente, ma anche il presidentissimo
che nel suo stesso cuore non è mai uscito dal Quirinale. E se
Mattarella, il capo dello Stato formalmente in carica, predilige i toni
soffici, il collega adopera il martello.
L’astensione è
sacrosanta, essendo «un modo di esprimere la convinzione
dell’inconsistenza e della pretestuosità di questi referendum», risponde
Napolitano intervistato da Repubblica. Non pago, l’ex presidente che
dichiarò da solo la sciagurata guerra libica e che era abituato a
forzare quanto più possibile i limiti del ruolo assegnato dal capo dello
Stato, rincara di brutta: «Ci si pronuncia su quesiti specifici che
dovrebbero essere ben fondati. Non è questo il caso».
E’ lo stesso
Napolitano che nel 2011, ai tempi del referendum sull’acqua,
dichiarava: «Io sono un elettore che fa sempre il suo dovere», quello
che esaltava «la valorizzazione dello strumento referendario come
elemento di democrazia diretta»? Sì è proprio lui, ma si sa che solo i
cretini non cambiano opinione col tempo e con la convenienza politica.
Con
un tempismo perfetto e che è molto difficile immaginare casuale, Renzi
impugna il pronunciamento di Napolitano e lo rilancia, amplificandolo
quanto più gli riesce: «Come ha magistralmente spiegato Giorgio
Napolitano se un referendum prevede un quorum la posizione di chi si
astiene è costituzionalmente legittima al pari delle altre, ha la stessa
identica dignità. Il referendum voluto dai consigli regionali e non dai
cittadini è una bufala». E’ l’opposto di quanto affermato dal
presidente della Consulta, ma con Napolitano alle spalle Renzi può
permettersi di smentire sia la Corte che i presidenti delle Camere,
contrari all’astensione.
Quelle di Giorgio Napolitano sono parole
in realtà pesantissime. Perché l’ex presidente della Repubblica revoca
in dubbio l’ammissione del quesito da parte della Corte Costituzionale e
si scaglia di fatto contro il presidente della stessa Paolo Grossi, che
aveva invece detto che votare nel referendum «fa parte della carta
d’identità del buon cittadino». Ma anche perché, con le sue parole,
Napolitano mette in oggettiva difficoltà l’attuale inquilino del Colle.
Sergio
Mattarella ha già deciso di andare a votare, ma ha fatto in modo di
dare alla sua scelta il minor clamore possibile proprio per non creare
ulteriori problemi al giovanotto di palazzo Chigi che, con la sua
gratuita sovraesposizione, si è messo da solo in una situazione
difficile. Ora però, dopo il fragoroso affondo di Napolitano, Mattarella
rischia di passare per una specie di presidente-fantoccio. Tuttavia
resta deciso a non prendere una posizione aperta, al solito per non
mettere nei guai lo scavezzacollo che guida il governo.
Il
soccorso di Napolitano è certamente prezioso perché aiuta Renzi a
tirarsi fuori dal vicolo cieco istituzionale in cui si era cacciato.
Anche se formalmente a parlare è solo un senatore a vita, la benedizione
di un ex presidente, oltretutto abituato a considerarsi assai vicino a
un monarca, legittima la sua inaudita scelta di capeggiare il partito
dell’astensione. E’ però dubbio che l’appello del presidente emerito si
riveli fruttuoso anche sul fronte del consenso. Napolitano non gode più
della popolarità che lo ha circondato per alcuni anni e la sensazione
che abbia oltrepassato di molto i limiti del suo mandato è diffusa. La
sua discesa in campo potrebbe rivelarsi persino controproducente.
Movimento
5 Stelle, Forza Italia, Lega e Storace attaccano senza perifrasi il
tandem astensionista, che per Renato Brunetta è «spudoratamente fuori
dalla Costituzione» mentre il vicepresidente della camera Luigi Di Maio
rivendica: «Su Napolitano ci avevamo visto giusto». Ma anche chi si
mantiene più prudente, come Roberto Speranza per la minoranza Pd e Sel,
bersaglia Renzi prendendo in realtà di mira anche il suo autorevole
guardiaspalle.
La sfida, comunque, non sarà solo sul filo del
quorum. Il Pd spera in un’affluenza inferiore al 30%. Sarebbe un trionfo
e il miglior viatico per il referendum di ottobre, il quale, non c’è
neppure bisogno di dirlo, ha già incassato il sostegno totale del solito
Giorgio. Le voci fatte filtrare dal Nazareno, anzi, giurano che Renzi
aveva sì chiesto una mano all’ex capo dello Stato, ma con l’obiettivo di
farlo presidente onorario dei comitati per il referendum sulla
Costituzione, idea giudicata dall’interessato «inopportuna», non con
quello di spingerlo all’intervista a spada tratta di ieri. In compenso
una percentuale di votanti intorno al 40% sarebbe vissuta al Nazareno
come una Caporetto. Il quorum superato, invece, sarebbe Waterloo.