martedì 12 aprile 2016

il manifesto 12.4.16
Legge 194, un pericoloso ritorno al passato
Aborto. Con la sentenza del Consiglio d'Europa, l’Italia si conferma maglia nera d’Europa in tema di diritti
di Filomena Gallo


Il codice penale ereditato dal regime fascista faceva rientrare l’aborto tra i «delitti contro la integrità e la sanità della stirpe». Nel ’75 il Giudice costituzionale nel mutato contesto culturale sociale dichiarò l’illegittimità della norma, precisando che «non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora diventare». Questo divenne tema centrale nell’azione politica dei Radicali, che insieme al Movimento per liberazione della donna si fecero promotori di disobbedienze civili che determinarono l’arresto di Gianfranco Spadaccia, Adele Faccio ed Emma Bonino.
Per evitare a tutti i costi lo scontro sull’aborto, fu emanata la legge 194/78 «Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della Gravidanza». Grazie a questa legge fu possibile liberare l’Italia dalla piaga dell’aborto clandestino. Un traguardo importantissimo per la salute delle donne, rispetto al quale però il Paese sta pericolosamente tornando indietro. Da anni, infatti, le associazioni di medici non obiettori denunciano come per le donne italiane ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza sia diventato un percorso a ostacoli.
La diffusione dilagante dell’obiezione di coscienza tra i medici ha reso, nella pratica, sempre più difficile assicurare questo servizio, creando problemi sia alle donne, che secondo la legge non possono abortire oltre un tempo massimo dall’inizio della gravidanza, sia ai medici non obiettori, che si vedono costretti a dedicarsi esclusivamente alla pratica dell’Ivg. A nulla sono valsi finora gli appelli al Governo e al Parlamento affinché il diritto all’interruzione di gravidanza non fosse leso dal diritto all’obiezione di coscienza e affinché fosse applicata correttamente la legge 194.
Con la sentenza di ieri del Consiglio d’Europa, l’Italia si conferma maglia nera d’Europa in tema di diritti. Questa decisione dimostra infatti come negli ospedali del nostro Paese siano sistematicamente violati i diritti delle donne e dei medici non obiettori che ogni giorno cercano di far rispettare la legge. Violazioni che il Consiglio d’Europa aveva già denunciato con una sentenza emessa due anni fa, a seguito del ricorso presentato dall’ Ippf En, e anche allora, come nel procedimento promosso dalla Cgil, come Associazione Luca Coscioni avevamo contribuito con le nostre osservazioni al Comitato per i diritti Sociali del Consiglio d’Europa. Nonostante ciò, non solo il governo ha continuato a fare finta di nulla, ma dal 15 gennaio scorso ha perfino inasprito le multe per le donne che, non riuscendo a interrompere la gravidanza per mancanza di medici non obiettori, sono costrette a rivolgersi a strutture non accreditate o a medici non autorizzati.
Un provvedimento che riporta l’Italia a un clima pre-194 e non considera che il ritorno dell’aborto clandestino è diretta conseguenza dell’aumento dell’obiezione di coscienza. Noi dell’Associazione Coscioni con l’Aied fin dal 2012 abbiamo lanciato proposte chiare e concrete per ripristinare un minimo di legalità a tutela dei diritti di tutti: la creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza; l’elaborazione di una legge quadro che definisca e regolamenti l’obiezione di coscienza; concorsi pubblici riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di Ivg, l’utilizzo dei medici «a gettone» per sopperire urgentemente alle carenze dei medici non obiettori e infine una deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di Ivg sono scoperti. Garantire la piena applicazione della legge 194, senza ledere il diritto delle donne che decidono d’interrompere la gravidanza e quello dei medici che decidono di obiettare non è difficile: basta volerlo fare.
*Segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni