Corriere Salute 3.4.16
Perché sognare ci è indispensabile
Con il sonno «attivo» armonizziamo il cervello
di Danilo di Diodoro
Alle
molte, già note, funzioni della nostra «creatività» nel sonno, si
aggiunge ora quella di mettere in relazione aree del cervello che
durante la veglia tendono a restare separate E recenti studi rivalutano
anche l’importanza degli incubi e il ruolo anticipatorio che talvolta
riveste l’attività onirica
Un sogno, quel filmato sbilenco che di
notte viene proiettato nella nostra mente, racconta storie dotate di una
particolare struttura narrativa che sta diventando un ambito di ricerca
di psicologi cognitivisti, come Jacques Montangero e Corrado Cavallero,
rispettivamente dell’Università di Ginevra e di Trieste, autori di un
recente articolo sulle caratteristiche della struttura narrativa dei
sogni, pubblicato sulla rivista International Journal of Dream Research.
Il
loro studio ha preso in esame sogni che fanno parte della banca dei
sogni realizzata all’Università di Bologna. «Riteniamo che i sogni
vadano considerati un racconto nel senso ampio del termine, piuttosto
che una storia “canonica”— dicono i ricercatori — cioè il resoconto di
una sequenza di eventi che coinvolgono esseri umani che reagiscono ad
altri o a eventi fisici, e che include alcuni eventi inaspettati capaci
di creare tensione nei protagonisti e un interesse negli ascoltatori o i
lettori. Una storia canonica, invece, è un racconto con un contenuto e
una struttura ben organizzati che obbedisce a un piano generale. Tutte
le parti della storia sono collegate e la fine è connessa a quello che
precede e serve a risolvere la tensione che si è creata». Dunque, i
sogni raccontano una storia alquanto disconnessa, con caratteristiche
peculiari: ad esempio nel suo dipanarsi possono comparire personaggi od
oggetti di cui il sognatore percepisce la presenza ma che di fatto non
entrano mai direttamente in scena. Nel sogno, poi, mancano un inizio
preciso e una fine vera e propria.
Ancora, nel sogno ci sono
frequenti e inaspettati cambi di situazione che in una storia scritta
coscientemente sarebbero giudicati fuori luogo. Non è poi ancora del
tutto chiarito se la concatenazione con la quale il sogno viene
raccontato al risveglio sia davvero quella del sogno stesso o non sia
piuttosto una sorta di rielaborazione cosciente, a posteriori, che fa il
soggetto, una volta sveglio, per dare ordine all’esperienza caotica
fatta mentre dormiva.
Già Sigmund Freud nel suo libro
“L’Interpretazione dei sogni”, chiamava elaborazione secondaria questo
processo effettuato da svegli, finalizzato a dare una struttura
narrativa alle confuse immagini del sogno, proprio per poterle
raccontare. Recenti ricerche sembrano però indicare che la sequenza
quasi filmica dei sogni farebbe parte della stessa esperienza onirica.
Gli
studi di Jacques Montangero e Corrado Cavallero sono stati realizzati
risvegliando più volte nella stessa notte i soggetti, chiedendo loro,
ogni volta, di raccontare i sogni appena fatti e poi di ripeterli
nuovamente la mattina al risveglio definitivo. In tal modo è stata
riscontrata una congruità narrativa che farebbe propendere verso l’idea
che l’esperienza onirica abbia di per sé la struttura di una storia
raccontabile.
Inoltre, dal momento che i sogni sono presenti in
diverse fasi del sonno, oggi i ricercatori si chiedono anche se esistano
differenze tra quelli che si fanno durante la fase Rem ( Rapid Eye
Movements , la fase di sonno cosiddetto paradosso , durante la quale
vengono effettuati rapidi movimenti con gli occhi) e quelli che si fanno
durante la fase 2 , quando il sonno è già abbastanza profondo. Secondo
quanto riportato da Montangero e Cavallero nella loro ricerca, i sogni
di entrambe le fasi avrebbero caratteristiche formali simili. «Questo
dimostra che il processo che regola la sequenza degli eventi nel sogno
non dipende dalla fase di sonno», dicono i due psicologi.
«E
questo è un forte argomento a favore dell’idea che nel cervello debba
esistere un singolo “generatore” che produce i sogni attraverso i vari
stadi del sonno». La peculiare struttura narrativa dei sogni, fatta di
salti imprevisti e bizzarre associazioni di idee, ha ovviamente
richiamato l’attenzione degli studiosi anche sulle possibili
interrelazioni con i processi creativi.
I sogni avrebbero la
funzione di riorganizzare i ricordi e di contribuire a immagazzinarli, e
servirebbero anche a consolidare le nuove esperienze e integrarle con
le conoscenze che già si hanno. Ma questa operazione sembra essere anche
l’occasione per mettere in correlazione parti del cervello, e relative
informazioni, che durante la veglia tendono invece a restare separate.
Questo
“rimescolare le carte” è verosimilmente responsabile dell’esperienza
che tutti hanno fatto, ossia che alle volte si esce da un sogno con
un’idea nuova, o con una visione chiara rispetto a un certo problema,
che prima di addormentarsi non si aveva.
Di questa caratteristica
dei sogni è convinto assertore Ernest Hartmann, del Department of
Psychiatry della Tufts University School of Medicine di Boston, autore
di un articolo in materia su Sleep Medicine Clinics. «I sogni sono
iperconnettivi — dice Hartmann. —. Credo che questa ampia ed elastica
connettività sia un aspetto estremamente importante. Il sognare mette
insieme elementi che durante il giorno sono separati».