Corriere 3.4.16
Disertori di Mimmo FranzinelliGettare la divisa alle ortiche In fuga dall’esercito del Duce
di Corrado Stajano
Mimmo
Franzinelli in questo suo nuovo libro, Disertori (Mondadori), racconta,
tra tante storie purtroppo vere della Seconda guerra mondiale, una
vicenda che ha per protagonista un generale, Luigi Chatrian: una pagina
nera per quanti allora furono a capo dell’esercito italiano.
Gli
Alleati il 10 luglio 1943 sono sbarcati in Sicilia, la resistenza
italiana è inesistente, sporadica, i tedeschi si battono invece nella
piana di Catania. Il 3 settembre, a Cassibile, vicino a Siracusa, viene
firmato l’armistizio che resta segreto fino all’8 settembre. Il 5
settembre — gli Alleati sono già in Calabria — una ventina di soldati
della 222ª Divisione costiera, in servizio a Intavolata, fuggono. Cinque
di loro vengono catturati. Il colonnello Remo Ambrogi, che comanda il
reggimento, propone la fucilazione, il generale Chatrian ordina che sia
immediata. Gli abitanti del paese vengono a saperlo e tumultuano,
lanciano pietre contro le finestre della caserma, un cappellano militare
cerca di convincere il generale a sospendere l’esecuzione, gli Alleati
infatti stanno già avanzando senza intralci. L’8 settembre Chatrian
ascolta alla radio il messaggio di Badoglio con tutta la sua vergognosa
ambiguità, ma dissennatamente non cambia parere: l’ordine deve essere
eseguito. E lo sarà nella notte fatale dell’armistizio già firmato da
giorni e reso pubblico da ore.
Il generale Chatrian subirà
conseguenze per il suo agire disumano, al di fuori di ogni disciplina
militare che esige anch’essa il buon senso? Resterà tranquillamente nei
quadri dell’esercito e farà anche carriera politica: nel dicembre 1944
diventerà uomo di governo democristiano, sottosegretario alla Guerra e
poi alla Difesa in sei ministeri, parlamentare, presidente di
commissione. Nelle inchieste e nei processi che verranno celebrati sulla
strage la Magistratura militare starà bene attenta a non coinvolgerlo
mai. «La nascita del Regno del Sud — scrive Franzinelli —, preparata
dalla fuga dei governanti, ha come viatico la fucilazione di cinque
soldati-contadini». (Ai quali settant’anni dopo sarà dedicata una lapide
tra il cimitero di Acquappesa, il luogo della fucilazione, e il mare di
Calabria).
Tutto questo accadde in un’Italia dove i primi
disertori furono i responsabili del disastro: il re, Badoglio, il futuro
Umberto II, i generali coi loro aiutanti di campo che dopo l’armistizio
fuggirono da Roma per imbarcarsi, a Ortona a Mare, a calci e a spintoni
sulla corvetta Baionetta diretta a Brindisi.
Il libro di
Franzinelli è un catalogo ragionato del fenomeno della diserzione tra il
1940 e il 1945, ricco di una straordinaria documentazione tratta dagli
archivi, dai diari storici dei reparti, dalle istruttorie, dalle
sentenze dei tribunali, dai rapporti, dai bollettini di guerra, dagli
innumerevoli studi, saggi, inchieste usciti in più di mezzo secolo.
Disertori offre un’immagine della parossistica e spietata condotta di
una certa autorità militare nei confronti di chi, per paura, per
stanchezza, per il desiderio di tornare a casa, per odio contro la
guerra, per ribellione alle vessazioni degli ufficiali, per amore di una
donna e anche per valori ideali e politici violò il codice militare o
parve che lo facesse. Quale fu la motivazione delle sentenze di
condanna? Dare un esempio, anzitutto. Servì a poco, le diserzioni furono
anche di massa dopo il 1942: duecentomila nel Regio Esercito, centomila
nella Repubblica di Salò. (Le inchieste, le pratiche, le sentenze della
magistratura militare, con la loro lentezza e la loro precaria
intelligenza, proseguirono fino agli anni Sessanta, il tempo del
centrosinistra).
Il libro smentisce ancora una volta lo slogan
«italiani brava gente». In una circolare del 1° marzo 1942 il generale
Mario Roatta ordinò di incendiare, nella provincia di Lubiana, case e
villaggi, uccidere ostaggi, internare massicciamente la popolazione:
«Non dente per dente, ma testa per dente», era il suo motto. E
Mussolini, a Gorizia, il 31 luglio 1942, disse: «Non temo le parole.
Sono convinto che al “terrore” dei partigiani si deve rispondere con il
ferro e con il fuoco. Deve cessare il luogo comune che dipinge gli
italiani come sentimentali incapaci di essere duri quando occorre.
Questa tradizione di leggiadria e tenerezza soverchia va interrotta».
I
comportamenti nei confronti dei nostri disertori — fenomeno che
riguarda tutti gli eserciti del mondo — seguirono le stesse direttive.
Il libro di Franzinelli è ricco di fatti non conosciuti, di vicende
tragiche pubbliche e private, di personaggi. Franco Monicelli,
giornalista, sceneggiatore, fratello del celebre regista de La Grande
guerra , fu condannato a due mesi e venti giorni di reclusione e alla
rimozione del grado, accusato di «diserzione fuori della presenza del
nemico» per un ritardo dalla licenza nel 1943, dovuto ai bombardamenti
che avevano interrotto le linee ferroviarie. Paolo De Mitri, diciottenne
studente di Taranto, in Russia con lo Csir, si innamora di Nina,
studentessa di medicina a Dnjepropetrowsk. Tiene un diario, Mia vita
d’amore , diserta, non può star lontano da lei. Arrestato, questa volta
il giudice non infierisce sul «soldato preso da morboso amore per una
giovane donna ucraina»: dieci anni di reclusione da scontare e
l’immediato ritorno al fronte.
Disertori fa da specchio oscuro
alle iniquità della Seconda guerra mondiale. Dalla Dalmazia invasa dal
Corpo d’armata autotrasportabile, alla guerra di Grecia, allo Csir e
all’Armir e alla ritirata di Russia fino alla Repubblica di Salò: delle
quattro divisioni repubblichine formate nei lager nazisti non furono
pochi i disertori che salirono in montagna coi partigiani.
Enzo
Forcella e Alberto Monticone pubblicarono (da Laterza) nel 1968 Plotone
d’esecuzione , un rigoroso saggio sui processi della Prima guerra
mondiale. Bastava nulla allora per finire davanti ai plotoni di
esecuzione. Ma anche nella Seconda guerra mondiale, documenta questo
libro, le fucilazioni nella schiena non furono poch e.