sabato 9 aprile 2016

Corriere 9.4.16
La dottrina
Il nucleo duro della famiglia
di Massimo Franco

La dottrina cattolica sulla famiglia può anche rivelarsi flessibile, ma ha un nucleo duro intoccabile.
I l tono è inclusivo, problematico, disponibile a prendere in considerazione i punti di vista eccentrici, le situazioni-limite, le esperienze locali. Ma quello che Francesco definisce, in puro lessico bergogliano, «un prezioso poliedro», figura geometrica che tiene insieme cose molto diverse e in apparenza incompatibili, ha un nucleo duro, in qualche misura intoccabile: una dottrina cattolica che sulla famiglia può rivelarsi più o meno flessibile; può ammettere la possibilità del matrimonio ai divorziati caso per caso; esalta il ruolo della coscienza. Eppure non intacca nessuno dei suoi cardini fondamentali.
Il documento con quale Francesco ieri ha sintetizzato i risultati dei due sinodi sulla famiglia riflette fedelmente il suo approccio. E in parallelo rispecchia l’esigenza di mediare e accogliere le preoccupazioni di una nomenklatura ecclesiastica che non vuole apparire di retroguardia. Ancora meno, però, è incline a assecondare posizioni progressiste che metterebbero in discussione certezze e principi ai quali si aggrappa in una fase di grande confusione. Le circa duecento pagine di «esortazione apostolica post-sinodale» risentono delle tensioni emerse negli ultimi mesi nella Chiesa. E mostrano la determinazione del Papa a tenerne conto.
La rivendicazione di una linea che, fuori dal mondo religioso, si potrebbe definire «centrista», è il suo modo per garantire un’unità altrimenti assai precaria. Non si possono dimenticare gli attacchi, alcuni al limite della provocazione, avvenuti prima e durante il Sinodo per piegarne i risultati in una direzione o nell’altra. Documenti di cardinali conservatori dai contorni un po’ opachi; fughe di notizie su conclusioni iper-progressiste che in realtà non erano state ancora tirate. E, intorno, una curiosità mista a speranza ma anche a resistenza sulla strategia che Jorge Mario Bergoglio stava perseguendo.
Il Pontefice ha lasciato che la d iscussione fosse libera. Voleva che ci si esprimesse anche criticamente, per poi tirare le sue conclusioni. E le conclusioni rese note ieri sono una miscela di ortodossia e aperture. Le sue riserve verso chi tra gli ecclesiastici invoca troppo l’autorità del magistero, finendo per trasmettere una «dottrina fredda e senza vita», sono un richiamo implicito a fare i conti con la realtà. E l’invito a prendere atto che oggi non esiste solo la Famiglia con la f maiuscola, ma situazioni familiari frammentate, complesse, lacerate, è rivolto all’interno di un corpo ecclesiastico disorientato.
Anche la rivalutazione della sfera sessuale delle coppie sposate fa un certo effetto: soprattutto se si pensa alle posizioni più tradizionaliste e «pubbliche» del mondo cattolico. Francesco sembra voler bacchettare il clericalismo che usa i principi religiosi come strumenti assoluti e un po’ ossificati. E c’è molto Bergoglio nella difesa degli immigrati «rifiutati e inermi», dei disabili e delle loro famiglie, dei bambini e delle bambine orfani. Si ritrova nel suo sdegno per la pedofilia, e nell’attacco alla «famiglia perfetta» e astratta raccontata dalla società del consumismo.
Ma quando si parla di aborto, eutanasia, accanimento terapeutico, pena di morte, il primato del magistero della Chiesa viene ribadito in modo tranquillo, non arcigno, eppure inequivocabile. Su quello che chiama eufemisticamente «matrimonio imperfetto», alludendo alle coppie divorziate, il Papa accenna alla possibilità che si risposino «dove è possibile», delegando alle chiese locali il compito di giudicare. E il richiamo al valore della famiglia tra uomo e donna si inserisce pienamente nel solco della tradizione. Francesco esalta quella allargata e i nuclei con molti figli, facendo probabilmente felici i cattolici del Family day e correggendo l’impressione sbagliata che nutrisse qualche riserva in proposito.
Soprattutto, declina con una modernità culturale non scontata il rapporto di parità tra uomo e donna: ad esempio ricordando che i problemi della famiglia non nascono dall’emancipazione della donna. È una tesi «maschilista», secondo il pontefice argentino. Ma essere un Papa tutt’altro che retrivo non significa rinunciare alla difesa della famiglia «naturale fondata sul matrimonio». La sfida alla Chiesa di quella che definisce «ideologia genericamente chiamata gender» è affrontata con durezza. Il giudizio papale è radicalmente negativo, perché a suo avviso si tratta di un’ideologia che «nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa svuota la base antropologica della famiglia».
Francesco si dice preoccupato dai «progetti educativi e orientamenti legislativi» che ne derivano. E soprattutto dichiara la propria inquietudine perché «alcune ideologie di questo tipo» cercano «di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini».
Insomma, per quanto sfaccettato, a tratti sorprendente, il «poliedro» di Bergoglio rimane fortemente ancorato al magistero della Chiesa. Glielo impone l’esigenza di tenerla unita, più forte della sua volontà di riforma.