Corriere 6.4.16
Ecco i conti in tasca al bonus
L’ipotesi
di aumentare l’assegno mensile ai pensionati al minimo comporterebbe
maggiori uscite fra i 2,3 e i 3,5 miliardi all’anno per le casse dello
Stato
di Enrico Marro
ROMA Addentrandosi nel
dibattito sui social, Matteo Renzi ha toccato ieri con mano quanto il
tema delle pensioni sia sentito nell’elettorato. E quanto sia
controverso. Non che il presidente del Consiglio non lo sapesse. Lo sa
talmente bene che, dopo gli iniziali entusiasmi e qualche promessa
avventata (dal ricalcolo contributivo alla pensione anticipata per le
nonne), ha dovuto ripiegare su una linea di assoluta cautela. Che ieri,
però, non gli ha impedito di tornare allo scoperto su tre fronti:
l’aumento delle pensioni minime; la flessibilità in uscita; lo stesso
ricalcolo contributivo.
Il messaggio più chiaro Renzi lo ha dato
sul primo versante, dicendo che tra le ipotesi allo studio c’è quella di
dare gli 80 euro al mese anche a chi prende la pensione minima, cioè
quella integrata dallo Stato perché i contributi darebbero un risultato
inferiore al minimo di legge, fissato nel 2016 a 501,89 euro al mese.
Queste pensioni sono circa 3,5 milioni (dati 2014 del Rapporto di
Itinerari previdenziali). Se il bonus fosse dato su questi trattamenti,
come si dovrebbe dedurre dalle parole di Renzi, ci sarebbe una maggior
spesa strutturale di 3 miliardi e mezzo l’anno. Ma i tecnici di Palazzo
Chigi, dopo aver sottolineato che si tratta solo di ipotesi allo studio e
che in ogni caso una eventuale misura non è per quest’anno ma per la
prossima legge di Bilancio, cioè per il 2017, dicono che la spesa
potrebbe essere inferiore. Se infatti gli 80 euro venissero dati a tutti
i pensionati che hanno un reddito pensionistico non superiore al
minimo, la platea scenderebbe a 2,3 milioni di anziani (questo perché
una parte dei pensionati al minimo beneficia anche di altre prestazioni,
come per esempio la reversibilità). In questo caso, quindi, la maggior
spesa annuale scenderebbe a 2,3 miliardi di euro l’anno. Una manovra
comunque coerente con la volontà di spingere la domanda interna, che in
questa fase sta dando il contributo maggiore alla ripresina del prodotto
interno lordo.
Ma Renzi ha anche riproposto il tema della
flessibilità in uscita, cioè la possibilità di andare in pensione con
qualche anno di anticipo prendendo un po’ di meno. Il premier, ha di
nuovo premesso che si tratta di ipotesi allo studio e ha aggiunto che lo
si vuol fare «mantenendo in pari i conti pubblici»: formula che non
significa che si possa fare a costo zero ma che, considerando la maggior
spesa iniziale (perché si pagherebbero più pensione) e i risparmi
successivi (perché l’importo è inferiore), i conti tornerebbero. Solo
che questo discorso del bilancio intertemporale, già suggerito dal
presidente dell’Inps Tito Boeri, il governo non sa come farlo digerire a
Bruxelles dove già temono lo smantellamento della legge Fornero.
Infine
Renzi, incalzato dai follower, non ha voluto rinnegare l’antico tema
del ricalcolo contributivo delle pensioni che, all’inizio lo aveva unito
proprio a Boeri. Ma certo, «non si possono ammazzare quelli che stanno
per andare in pensione col retributivo». Escluso il ricalcolo delle
pensioni in essere (tecnicamente infattibile, ha spiegato l’Inps), il
tema del metodo contributivo potrebbe tornare utile invece per modulare
le penalizzazioni per chi scegliesse di anticipare il pensionamento,
come accade per esempio alle lavoratrici che vanno a 57 anni con
«opzione donna»; oppure ricalcolando il montante contributivo in
funzione della maggior durata della pensione, come propone Boeri (il
taglio dell’assegno sarebbe del 3% per ogni anno di anticipo, ma si
dovrebbero comunque spendere 1,5 miliardi in più nel 2017, che
salirebbero a 3,3 dopo 10 anni).
Considerando che i margini di
manovra del governo sono molto stretti (per il 2017 la legge di Bilancio
dovrà trovare almeno 24 miliardi, senza contare le pensioni), si
dovrebbe concludere che Renzi sarà costretto a scegliere: o 80 euro ai
pensionati più poveri o consentire ai lavoratori di lasciare prima. Fare
tutte e due le cose appare al momento troppo, anche per il volenteroso
Renzi.