Corriere 6.4.16
La brutta idea di una verità condizionata
di Antonio Polito
La
verità sulla morte di Giulio Regeni è una sola, e l’Italia deve
presumere che un Paese amico come l’Egitto la stia attivamente cercando.
Ma se il ministero degli Esteri del Cairo dichiara che il duro richiamo
di Paolo Gentiloni «complica ulteriormente la situazione», cioè le
indagini, siamo tentati di concludere che la verità è per l’Egitto
invece soggetta a condizioni, che si può avere o non avere a seconda dei
rapporti tra i due Stati, o che se ne può avere una o un’altra a
seconda di come trattiamo il governo egiziano.
I nsomma, che per
«verità» s’intenda un compromesso diplomatico, un accordo sulla versione
finale da fornire. Il che suona purtroppo come una drammatica conferma
del sospetto che, in realtà, al Cairo non si stia veramente cercando la
verità, o che forse la si conosca già e si stia piuttosto cercando il
modo di nasconderla.
Proprio la reazione ufficiale egiziana
finisce dunque per giustificare pienamente le parole ferme che il
ministro Gentiloni ha usato ieri in Parlamento, riferendosi alla
«insoddisfacente» collaborazione finora ottenuta dal Cairo e
all’incontro tra inquirenti egiziani e italiani previsto a Roma per
domani: «Se un cambio di marcia non ci sarà, il governo è pronto a
reagire adottando misure appropriate e proporzionate, non permetteremo
che sia calpestata la dignità del nostro Paese».
L’onere di
provare la sua buona fede grava dunque ora sul governo egiziano. Il
presidente Al Sisi ha ieri confermato la volontà di collaborazione. Ma
il miglior modo per dimostrarla è consegnare alla Procura di Roma, con
la quale si è accettata una collaborazione, «tutto» il materiale
raccolto sin qui nelle indagini. Dopo tanti depistaggi, messe in scena,
versioni di comodo, è il minimo che ci si possa aspettare.
Qualcuno
dice che è ingenuo pretendere da una dittatura militare la verità sulla
morte di un ragazzo che ha seguito la sorte di altre centinaia di
desaparecidos, come ha testimoniato l’inchiesta recente del Corriere ,
che ha avuto un’eco anche sui media egiziani. Ma è bene chiarire — e
ieri Gentiloni lo ha fatto — che ancora più ingenuo sarebbe pensare che
una grande democrazia occidentale come l’Italia possa accettare di
essere presa in giro sul rapimento, la tortura e l’uccisione di un
nostro connazionale.