mercoledì 6 aprile 2016

Corriere 6.4.16
Un’autodifesa obbligata con il rischio di logoramento
di Massimo Franco

Ora è più difficile considerare le parole di Matteo Renzi solo una sfida e non un attacco alla magistratura. Il fatto che ieri l’Anm gli abbia replicato a brutto muso di lanciare accuse «inopportune nei tempi e inconsistenti nei fatti» certifica il conflitto. Il premier continua a criticare l’inchiesta che ha portato alle dimissioni del ministro allo Sviluppo economico Federica Guidi. Accusa la lentezza con la quale si arriva alle sentenze, e una magistratura intenta a «bloccare le opere pubbliche» mentre «i ladri restano fuori». Anche se assicura di volere solo «incalzare i magistrati perché siano veloci».
Sono appunti in parte condivisibili; solo che arrivano in un momento sospetto. Avesse parlato prima, l’impatto sarebbe stato differente. Adesso, le parole di Renzi rischiano di suonare come un’autodifesa d’ufficio; e come un’eco inconfessabile del sospetto di una congiura giudiziaria contro il governo, che aleggia tra alcuni esponenti governativi e nel Pd. Va aggiunto, a merito del premier, di avere annullato la visita programmata a Matera: «Per evitare ulteriori polemiche», ha twittato ieri nella lunga «diretta» da Palazzo Chigi.
La sua offensiva promette comunque di tenere il caso aperto ancora a lungo; e le opposizioni ci contano. L’incrocio temporale col referendum sulle trivellazioni petrolifere del 17 aprile rende lo sfondo ancora più controverso: soprattutto dopo che ieri il presidente del Consiglio ha detto di augurarsi il fallimento del referendum. Che non raggiunga il quorum del cinquanta per cento più uno dei votanti rimane altamente probabile: il quesito è difficile e l’argomento «freddo». Le parole di Renzi, tuttavia, potrebbero finire per favorire la mobilitazione degli avversari.
E fanno emergere, per contrasto, la cautela che il ministro per i Rapporti col Parlamento, Maria Elena Boschi, usa dopo essere stata sentita come «persona informata dei fatti» dai magistrati di Potenza. Correggendo una vulgata di Palazzo Chigi, la Boschi nega un legame tra l’inchiesta di Potenza e l’appuntamento del 17 aprile. «Non credo sia corretto vedere dietrologie e complotti. Credo solo che la magistratura sia arrivata ora a conclusione di un lavoro», ha detto ieri in tv. Ma ribadisce che «da parte del governo non c’è stato un interesse chissà di che tipo» sul provvedimento Guidi.
Le due mozioni di sfiducia presentate da M5S, e Lega e FI , confermano la volontà di tenere alta la tensione: sebbene sia inverosimile una crisi di governo. La Boschi ironizza sulle sfiducie diventate «un appuntamento fisso come la Champions». Né si può dar torto al premier quando dice che «sono le sentenze a decidere chi è colpevole, non la Casaleggio associati»: riferimento al leader-ombra del M5S. Rimane da capire se basterà a fermare una campagna di logoramento che si sta intensificando.