Corriere 4.4.16
Egitto
«Noi e voi italiani, combattiamo insieme per i diritti umani»
di Alaa Aswani
In
Egitto tutti sanno che abbiamo gravi violazioni dei diritti umani. Ed è
peggio adesso di quanto fosse mai stato in passato. Le vittime di
sparizioni forzate in alcuni casi non riappaiono più. Spesso dopo essere
state rapite da forze di sicurezza vengono fatte comparire davanti a
una corte di sicurezza o militare, tribunali speciali che possono
purtroppo investigare anche i civili.
Lo stesso presidente Al Sisi
lo ha riconosciuto. «Lo so che ci sono persone innocenti in prigione,
lo so che ci sono violazioni», ha detto una volta, spiegando che il
Paese sta affrontando la minaccia del terrorismo e che è dunque
inevitabile che succeda. La mia opinione è diversa. Sono convinto che la
difesa dei diritti umani debba essere separata dalle questioni
politiche. Se anche gli accusati fossero terroristi o avessero commesso
crimini orribili, devono comunque essere trattati nel rispetto della
legge e non al di fuori di essa.
I media italiani hanno cominciato
ad interessarsi delle sparizioni forzate dopo il caso Regeni, ma noi
egiziani conosciamo questo fenomeno da molto tempo. A molti di noi sta a
cuore Giulio, tanto quanto ci stanno a cuore gli egiziani spariti.
Conosco molte persone che hanno espresso solidarietà nei confronti della
famiglia Regeni, anche scrivendo sui media. Molti sono solidali con la
madre, molti sono rimasti toccati dal modo in cui sta combattendo perché
suo figlio abbia giustizia.
Anche all’epoca di Mohammed Morsi
(l’ex presidente e leader della Fratellanza Musulmana, ndr ), rimasto al
potere per un anno, ci sono state molte violazioni. Di fronte alle
uccisioni negli scontri di Port Said, Morsi sentenziò che erano state
necessarie per ripristinare l’ordine, disse che non gli importava se su
90 milioni di abitanti sarebbe stato necessario sbarazzarsi di un
milione di persone per rendere i restanti 89 milioni felici. Certo non
era un modello per i diritti umani. Durante la sua presidenza sono stati
uccisi giovani rivoluzionari come Mohamed El-Gendy: la polizia sostenne
che si trattò di un incidente, poi si scoprì che era stato torturato.
In
Egitto c’è purtroppo un clima di forte polarizzazione, per cui chi
critica il regime di Al Sisi viene accusato di appoggiare la Fratellanza
Musulmana e io lo trovo molto preoccupante. Sono contro i Fratelli
Musulmani, ma anche nei loro confronti i diritti umani devono essere
rispettati. La polarizzazione è alimentata dai nostri media — privati o
statali che siano — per lo più sotto il totale controllo delle forze di
sicurezza. Io stesso non riesco più a pubblicare un articolo dal giugno
2014, cosa che non mi era mai accaduta prima.
C’è una lunga
battaglia che dobbiamo affrontare insieme, con gli italiani, un popolo
che amo, e non solo. La nostra battaglia riguarda i diritti umani, e non
mi aspetto che venga vinta domani, ma bisogna tenere alta l’attenzione
se vogliamo riuscirci.
(Testo raccolto in un colloquio con Viviana Mazza)