Corriere 4.4.16
L’Europa vista dal Brennero
Passano in media 40 mila mezzi al giorno
Piano di controlli sui Tir e le automobili e in una piazzola c’è lo scanner termico
A rischio non solo economia e traffici: quassù può saltare l’Europa delle libertà
di Federico Fubini
Una
donna con una pettorina gialla, la sua voce coperta dal frastuono del
traffico, fa segno di non fermarsi. Bisogna correre, ogni secondo
perduto in questo luogo è pericoloso. A quasi 1.400 metri di altezza fra
le cime imbiancate dalla neve ritardataria di quest’anno, il varco di
frontiera del Brennero non è mai apparso un ingranaggio così delicato. E
vista da quassù l’Unione Europea non è mai sembrata tanto fragile,
esposta alla minaccia di un infarto nel sistema di libertà materiali che
restano il suo più grande successo e la sua legittimazione.
Un
controllo di pochi secondi su ciascuno dei mezzi che varcano la
frontiera fra l’Italia e l’Austria, moltiplicato per la dimensione del
commercio fra le maggiori economie manifatturiere d’Europa, può produrre
un ingorgo infernale. La donna in piedi sulla linea di frontiera porta
sulla pettorina gialla la scritta «Ödw Security», un’azienda viennese
che a contratto fornisce sistemi di sicurezza e vigilanza privata al
servizio delle autorità austriache. Varcato il confine, superata la
prima galleria, i Tir provenienti dall’Italia sono tenuti a uscire
dall’autostrada A22 verso uno spiazzo sulla destra: in quel percorso
viaggiano a velocità ridotta per poche centinaia di metri sotto gli
occhi della donna in pettorina gialla, ma in pochi vengono realmente
fermati. Funziona così, per il momento.
Da metà aprile questo
ingranaggio da oltre tremila veicoli l’ora in viaggio da Sud a Nord,
quasi uno al secondo, sembra destinato a incepparsi. A Vienna il governo
di grande coalizione fra socialdemocratici e popolari e il governatore
del Tirolo, Günther Platter, hanno annunciato che il confine con
l’Italia verrà gestito un po’ come Vienna ha già fatto con i Paesi dei
Balcani: barriere e verifiche capillari. L’insistenza con la quale
questa promessa torna ormai ogni giorno è tale che non resterebbe molto
della credibilità del governo, se il progetto venisse ancora una volta
rinviato. Il 24 aprile gli austriaci vanno alle urne per il primo turno
delle elezioni presidenziali e il candidato della Fpoe, il partito
nazionalista anti-migranti, per ora è così forte nei sondaggi da poter
tenere fuori dal ballottaggio tanto i popolari che i socialdemocratici.
Il margine di manovra del premier Werner Faymann non è mai stato così
limitato, dopo che l’anno scorso quasi 700 mila stranieri hanno
attraversato il suo piccolo Paese e 200 mila sono rimasti.
Non che
i timori degli austriaci per i prossimi mesi siano infondati. Da Roma
il ministero dell’Interno, informalmente, stima che dalla tarda
primavera ogni giorno cercheranno di varcare questo confine fra 2.500 e
3.000 stranieri senza permesso. E nelle riunioni riservate con i
responsabili italiani dello snodo del Brennero, i rappresentanti
austriaci hanno già illustrato le contromisure che pensano di far
scattare al più tardi il 20 aprile: per le auto un vero e proprio posto
di frontiera edificato in mezzo all’autostrada, con tanto di casamatta
all’uscita della prima galleria in territorio austriaco; per il
trasporto pesante, lo spiazzo a destra dove oggi si muove da sola
l’addetta in pettorina gialla.
L’attrezzatura c’è già ed è in
funzione: lungo la deviazione è stato montato uno scanner termico in
grado di segnalare il calore del corpo di eventuali clandestini nascosti
nei container. Un sistema simile funziona anche a Calais. Sul Brennero
per il momento i controlli stanno procedendo a campione, in attesa di
espandersi fra qualche settimana.
Il solo dettaglio che né il
governo austriaco né quello italiano sono in grado di fornire riguarda
le conseguenze per quella che fino ieri è stata la vita di milioni di
europei. Anche solo un controllo di pochi secondi su ciascun mezzo di
trasporto può renderla impossibile. Dal Brennero passano 40 mila mezzi
al giorno in momenti normali, il doppio nelle fasi di grande traffico.
Questa è l’arteria lungo la quale corre la gran parte dei 50 miliardi di
euro di export italiano verso la Germania, il principale cliente del
Paese. Fra le 5 di mattina e le 10 di sera di una giornata tranquilla
attraversa questa frontiera da Sud un Tir ogni sette secondi e anche un
minimo intralcio può allungare code di molti chilometri.
L’algebra
del commercio nel cuore d’Europa sembra dunque del tutto incompatibile
con i numeri dei sondaggi politici austriaci. Elmar Morandell, il
titolare di una ditta di autotrasporto di Bolzano, stima che un’ora
passata in più da un camionista sulla strada verso la Germania porti
almeno 280 euro di oneri supplementari. La chiusura prevista da Vienna
può costare almeno un milione di euro al giorno all’intero made in
Italy, se i tempi di trasporto fra il Veneto e la Baviera si
allungassero anche solo di mezz’ora per ogni convoglio.
Del resto, nessuno ha mai costruito l’Unione Europea e la sua moneta nell’idea di farle passare in uno scanner termico.