Corriere 3.4.16
L’Europa ha bisogno di una frontiera unica
di Sabino Cassese
L’Europa
avrà presto o tardi una unica frontiera, quella esterna. Negli ultimi
tre mesi dello scorso anno, circa un milione di persone ha varcato
illegalmente i confini europei e su quei confini, dal 1988, sono morte
circa 28 mila persone. Sono problemi che non possono essere gestiti da
un solo Paese, ad esempio dalla Grecia o dall’Italia, anche perché la
maggior parte dei migranti non vuole stabilirsi in queste nazioni, ma
attraversarle per stabilirsi in altre, più al Nord.
Singoli Stati
si oppongono alla cessione di sovranità che questo comporta, ma dovranno
necessariamente cedere, perché la storia ha dimostrato che le
migrazioni esercitano pressioni alle quali anche l’enorme muro innalzato
tra Stati Uniti e Messico non riesce a resistere. Occorre, quindi,
cooperare. E per cooperare l’Unione Europea ha istituito due organismi.
Il primo è l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione
operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione
(Frontex), operante dal 2004. Il secondo è l’Ufficio europeo di sostegno
per l’asilo, del 2010. Questi uffici agiscono in collaborazione con
l’Europol. Per capire l’importanza della loro azione, ricorderò che
Frontex ha solo in Grecia più di 700 addetti e altri ne sta cercando.
L’idea
di nazione è associata a un territorio delimitato da una frontiera, un
confine, entro il quale si esercita la sovranità dello Stato. Il confine
è un elemento di organizzazione dello spazio, opera come un dispositivo
di inclusione e di esclusione.
Ma territorio e confini si
indeboliscono. Le comunicazioni superano i territori e non possono
essere tenute completamente sotto controllo dagli Stati (basti pensare a
Internet). I confini sono sempre più porosi: vengono varcati, si
perdono, si rafforzano, avanzano, arretrano, si ridefiniscono. Sono ogni
giorno superati da una enorme quantità di merci. Il commercio
internazionale, misurato dall’Organizzazione mondiale del commercio in
dollari, nel 2014 ammontava a 19 trilioni (merci) e 5 trilioni
(servizi).
In altri casi, i confini scompaiono: quelli tra la
Siria e l’Iraq, nella zona sotto il controllo di fatto del cosiddetto
Stato Islamico, non esistono più.
Vi sono poi frontiere che
arretrano e frontiere che avanzano. Nel 1996, pur rimanendo fermi i
confini cartografici, i confini definiti degli Stati Uniti, ai fini
dell’immigrazione, sono stati arretrati di 100 miglia. Gli immigrati
irregolari colti entro le 100 miglia dalla frontiera cartografica
vengono trattati come se stessero sulla linea di confine.
In altri
casi, le frontiere sono spostate in avanti. Ad esempio, la guardia
costiera americana, operando fuori delle acque territoriali, ha
intercettato nel 1991 imbarcazioni che trasportavano migranti che
fuggivano da Haiti verso la Florida e li ha riportati ad Haiti,
rimpatriandoli con la forza, senza assicurarsi che non fossero
rifugiati.
Infine, si ridisegnano le frontiere dell’Unione
Europea. Il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea ha previsto
un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne. La Convenzione
di Schengen, entrata in vigore nel 1995, e il codice frontiere di
Schengen del 2006 hanno disciplinato frontiere esterne e frontiere
interne, regolando le verifiche da compiere, disponendo comuni regole su
visti e diritto di asilo. Alla Convenzione di Schengen partecipano 22
Paesi membri dell’Unione Europea e quattro Paesi esterni (Islanda,
Liechtenstein, Norvegia, Svizzera). È allo studio della Commissione
europea la creazione di una Guardia europea delle frontiere e delle
coste comunitarie.
Il dibattito in corso sull’applicazione del
trattato di Schengen verte sul ruolo che debbono giocare le frontiere
interne rispetto a quelle esterne. Gli Stati europei centrali richiedono
a quelli periferici di gestire l’immigrazione, quelli periferici che
questo avvenga a carico dell’Unione e con la distribuzione degli
immigrati tra i diversi Paesi europei. Pretendere, in questa situazione
magmatica, di irrigidire i vecchi confini nazionali, invece di cooperare
per il rispetto di una unica frontiera, è illusorio.