Corriere 30.4.16
Al Maggio Musicale Fiorentino
Festa per gli 80 anni di Mehta, direttore «rivoluzionario»
di Gian Mario Benzing
Firenze
Ormai è praticamente un rivoluzionario, Zubin Mehta, tanto
iper-tradizionalista appare il suo stile. Come domenica scorsa,
all’avvio del Maggio Musicale Fiorentino: e dove la senti più una Nona
Sinfonia di Beethoven diretta così, grandiosa come in epoche lontane,
senza le secchezze e i tempi isterici che oggi segnano buona parte della
norma esecutiva spacciata per giovanile originalità?.
Nel
distretto viennese (o salisburghese?) di Florenz am Arno, dove il
Festkonzert per gli ottant’anni di Mehta inizia alle sei di sera, il
maestro indiano distende respiro e maestà, tempi larghi (tranne
l’Adagio, in 13’55), fusione morbidissima; una lezione di equilibrio
timbrico che va dagli splendidi corni ai timpani del «Molto vivace», in
realtà vivace neanche un po’, fino al possente Coro del Maggio; e che
solo esclude, mal assortiti, i solisti di canto, un baritono tutto
impeto nasale, un tenore pallidissimo e un soprano slabbrato su vari La
acuti. Standing ovation, 8’55 di applausi e il Coro che tuona «Tanti
auguri a te».
E questo dopo i brividi della prima parte: un
Concerto «Imperatore» in cui Mehta sfida le leggi della statica, tenendo
in equilibrio, sul cashmere di un’orchestra avvolgente e sontuosa, il
pianoforte di un András Schiff in modalità «folletto spietato». Nelle
lunghe pause, il grande ungherese tiene le mani stese sopra il
pianoforte, come in preghiera sull’altare del genio; poi, di colpo,
tutto trasparenze e lampi, sbalza i temi eroici come cristalli
accecanti. Mai un pensiero affettuoso. E più il cashmere di Mehta lo
accarezza, più lui scava polifonie nascoste, inauditi galoppi della
sinistra e staccati radiosi. Libero, ardito. E da questo mix,
all’apparenza «impossibile», il Maggio fiorisce brillantissimo.