Corriere 28.4.16
L’Anm unita (e compatta su Davigo)
Il sindacato delle toghe: gestione collegiale, doveroso intervenire su temi politici
«Sì al dialogo, ma nessuno ci insulti»
di Giovanni Bianconi
ROMA
Un pomeriggio riuniti in cima al «palazzaccio», all’ultimo piano della
sede della Corte di cassazione, per venire a capo del conflitto con
l’esterno e chiarire qualche questione interna. Alla fine il «governo»
dell’Associazione nazionale magistrati, la Giunta esecutiva composta dai
rappresentanti delle quattro correnti del sindacato dei giudici, trova
la soluzione. E comunica ufficialmente: «L’Anm, nell’affermare il
proprio ruolo collegiale di interlocutore istituzionale, ribadisce la
necessità di intervenire sui temi della giustizia e rifiuta ogni
tentativo di strumentalizzazione del proprio operato».
Poche righe
con due espressioni chiave. Da un lato il richiamo alla «gestione
collegiale», che porta con sé il tentativo di svincolarsi dalle
polemiche provocate da qualche frase di singoli esponenti — dal
presidente Piercamillo Davigo in giù — che non esprimono la linea
indicata nel programma elaborato quando si è deciso di dare vita alla
Giunta unitaria; dall’altro il «rifiuto delle strumentalizzazioni», che
significa respingere ogni appiattimento a favore o contro il governo
nonché improprie sponsorizzazioni politiche (grillini e leghisti, per
esempio), ma anche ogni manovra che prenda a pretesto singole posizioni
di singoli esponenti dell’Anm per attaccare l’intero organismo e
l’intera categoria.
Se dunque il sindacato delle toghe non vuole
farsi risucchiare dalle battute a effetto del suo presidente che hanno
suscitato l’aspra reazione della politica (ma anche di una parte della
stessa magistratura), non vuole nemmeno rinunciare a far sentire la
propria voce quando si parla di problemi della giustizia. Sul piano
tecnico e istituzionale, non politico-partitico. Attraverso «proposte
concrete e di contenuto ad ogni iniziativa legislativa». Se Davigo si
era spinto un po’ troppo in là, soprattutto per la forma di alcune
risposte anche quando riassumevano concetti condivisibili e condivisi
nella sostanza, questo non può diventare un pretesto per mettere
all’angolo l’Anm.
«Siamo da sempre disponibili al dialogo, che è
cosa diversa da quando veniamo insultati», spiega il presidente
all’uscita dalla riunione. E quando gli chiedono se lui si sente
insultato, la risposta di Davigo è: «Non io, la magistratura italiana».
Un modo per rivendicare il proprio ruolo e ribadire che certe reazioni
sono seguite ad espressioni poco rispettose venute dalla politica. E
pure dal governo, nella persona del suo capo il quale continua a
ripetere che secondo lui i giudici dovrebbero parlare solo con le
sentenze. L’Anm invece rivendica il diritto di parola fuori dalle aule
di giustizia, e Davigo chiarisce che nello stesso esecutivo s’è fatto
strada, anche nelle ultime ore, un interlocutore importante: «Si tratta
di trovare le strade idonee per dare efficienza al sistema giudiziario, e
sotto questo profilo mi sembra che il ministro della Giustizia Orlando
abbia fatto dichiarazioni incoraggianti».
Una sottolineatura
presente anche nel comunicato finale della Giunta, che rimette al centro
del dibattito «l’urgenza di riforme strutturali del settore civile e di
quello penale». Tra queste, «prioritari» restano «interventi organici
finalizzati a combattere efficacemente la corruzione», tanto per tornare
al tema su cui ha più insistito Davigo nelle sue prime uscite da
presidente; e poi «un’indifferibile e complessiva riforma della
prescrizione», tanto per ricordare a chi dai giudici si aspetta meno
parole e più sentenze che spesso, quando non si arriva ad accertare le
responsabilità, la colpa non è dei giudici bensì di un sistema concepito
dieci anni fa dalla maggioranza di centrodestra.
Dunque l’Anm
parla in primo luogo alla politica, sentendosi pienamente legittimata
nel suo ruolo di interlocutore istituzionale. Ma parla pure ai giudici,
dopo un confronto con il presidente (unico rappresentante in Giunta
della sua corrente) definito «leale e costruttivo». Come dire che non
sono state risparmiate critiche e rimbrotti da parte dei colleghi degli
altri gruppi, ai quali Davigo ha risposto spiegando le proprie ragioni.
Ma niente processi, che nessuno aveva intenzione di fare. Perché,
soprattutto in questo momento, avrebbero perso tutti.