Corriere 28.4.16
Graziano e il boom di voti nell’area dei Casalesi
Il presidente campano del Pd indagato per favori alla camorra raddoppiò i consensi in alcune zone
Meno di un mese fa gli ultimi contatti con l’affiliato dei clan. I pm: ne conosceva lo spessore criminale
di Fiorenza Sarzanini
Si
concentra sul legame tra il presidente (autosospeso) del Pd campano
Stefano Graziano e l’imprenditore arrestato con l’accusa di essere
affiliato ai Casalesi, Alessandro Zagaria, l’indagine della Procura di
Napoli sugli appalti che sarebbero stati agevolati in cambio dei voti
alle Regionali. Si evidenzia anche il boom di consensi che l’esponente
dem ha ottenuto proprio in quei Comuni controllati dai camorristi,
sottolineando come in alcune aree siano addirittura raddoppiati meno di
un mese fa.
ROMA Si sono incontrati in occasioni
pubbliche, ma anche privatamente. Si sono parlati frequentemente al
telefono. E l’ultimo contatto risalirebbe addirittura a meno di un mese
fa. «Prova — è la tesi dell’accusa — che il politico continuava ad
essere a disposizione del clan». Si concentra sul legame tra il
presidente del Pd campano (che si è autosospeso) Stefano Graziano e
l’imprenditore arrestato con l’accusa di essere affiliato ai Casalesi,
Alessandro Zagaria, l’indagine della Procura di Napoli sugli appalti che
sarebbero stati agevolati in cambio dei voti alle ultime Regionali. Ed
evidenzia anche il boom di consensi che l’esponente dem ha ottenuto
proprio in quei Comuni controllati dai camorristi, sottolineando come in
alcune aree siano addirittura raddoppiati rispetto alle precedenti
elezioni. Un dato che serve a dimostrare — questo l’obiettivo dei
pubblici ministeri coordinati dall’aggiunto Giusepe Borrelli — la sua
consapevolezza di avere a che fare con un esponente della criminalità
organizzata e dunque la sussistenza del reato di concorso esterno in
associazione mafiosa che gli è stato contestato. Un imprenditore che in
cambio dell’appoggio aveva chiesto e ottenuto un intervento «per lo
spostamento della “appostazione di bilancio” dei fondi necessari a
ristrutturare Palazzo Teti Maffuccini a Santa Maria Capua Vetere».
«Entrature negli enti pubblici»
Sono
i pentiti a raccontare il ruolo di Zagaria specificando come
«Alessandro è figlio di Ciccio Zagaria, gestore del ristorante Il Tempio
di Casapesenne. Insieme ai fratelli erano vicini a Michele Zagaria e
avevano la sua protezione con riferimento agli appalti e alle forniture
presso gli istituti di istruzione». Il collaboratore Antonio Pellegrino
«racconta di aver appreso dal pentito Massimiliano Caterino di come
Alessandro si fosse fatto strada nel settore degli appalti pubblici, in
particolare mense scolastiche e bar, non solo grazie al fatto di avere
il cognome Zagaria, ma soprattutto per godere anche del beneplacito
dello stesso Michele Zagaria in forza del quale poteva introdursi
all’interno dei Comuni e degli enti pubblici dove poi prendeva gli
appalti; che non aveva bisogno di ricorrere ad ati intimidatori in
quanto godeva di forte entrature negli enti pubblici grazie alla sua
riconosciuta aderenza al clan».
La richiesta di appoggio
È
dunque a lui che Graziano si rivolge quando si candida. E il fatto che
avesse ben chiaro «lo spessore criminale di Alessandro Zagaria» è
provato — secondo l’accusa — dal fatto che «avesse chiesto aiuto proprio
a lui, preferendolo all’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere Biagio
Di Muro che invece avrebbe dovuto essere il suo naturale interlocutore».
Il risultato effettivamente è soddisfacente. L’analisi dei flussi non è
terminata, ma si sa che in almeno tre Comuni dove i Casalesi governano —
Casapesenna, Trentola Ducenta e Casal di Principe — Graziano ha
ottenuto una valanga di consensi. In cambio, si sarebbe adoperato per
favorire quell’appalto legato al palazzo per il quale l’accusa ritiene
siano state versate tangenti. Una tesi che Di Muro — anche lui finito in
carcere — ha negato categoricamente, specificando di non aver «mai
saputo che Zagaria era collegato ai Casalesi» ed escludendo che tra
quest’ultimo e Graziano «ci siano stati rapporti». Una difesa smentita —
sottolineano i pm — dai filmati che documentano gli incontri e dalle
conversazioni intercettate durante le quali «è proprio Zagaria a
chiedere all’amico sindaco di sostenere Graziano». Un impegno che il
politico apprezza «visto che dopo le elezioni chiama direttamente
Zagaria e si mostra riconoscente».
Le verifiche al Viminale
I
magistrati dovranno adesso verificare anche l’iter seguito dalla
pratica che sarebbe stata agevolata da Graziano. E per farlo
acquisiranno tutti gli atti custoditi al ministero dell’Interno,
competente ad autorizzare il diverso utilizzo dello stanziamento
previsto. Un provvedimento necessario per verificare che tipo di
collaborazione Graziano abbia sollecitato e soprattutto se si trattava
di una procedura legittima.
Restano e pesano le parole
di Bassolino: «Prima l’ex responsabile dell’organizzazione accusato di
corruzione di giudice, ora il presidente regionale. La giustizia faccia
il suo corso, e si vedrà. Ma la politica ha i suoi doveri. Cos’altro
deve ancora accadere? Renzi intervenga con determinazione, prima che il
Pd precipiti in un burrone politico e morale»
Corriere 28.4.16
Dalla Dc al Nazareno Quel «bravo ragazzo» che aveva amici in tutte le correnti
di Monica Guerzoni
ROMA
Da due giorni, con i pochi che gli sono rimasti accanto, Stefano
Graziano non fa che ripetere che lui con la storiaccia brutta della
«Gomorra» dem in Campania, proprio non c’entra nulla. «Mi hanno
descritto come un malfattore — si è sfogato con gli amici l’ex
presidente regionale del Pd —. Ma io dei lavori a palazzo Teti non so
niente, sono completamente estraneo a questa vicenda ed è davvero
ingiusto quel che mi sta succedendo».
La lettura dei giornali lo
ha sconvolto, almeno quanto la repentina presa di distanza dei vertici
del Pd. E, se a caldo aveva pensato di metterci la faccia per tentare di
smontare le accuse, col passar delle ore il consigliere regionale da
14.810 preferenze si è chiuso a riccio. C’è da scegliere l’avvocato,
costruire la linea difensiva e, prima di tutto, tranquillizzare la
moglie, che da pochi mesi ha dato alla luce una bambina.
I
colleghi del Pd, che ancora martedì mattina ne parlavano come di «un
bravo ragazzo», lo raccontano come «metodico e paziente». Uno che
«lavora sodo» ed è «molto capace come organizzatore», ma non certo un
timoniere da acque tempestose. Sui divanetti di Montecitorio era di
casa, anche dopo la sconfitta alle parlamentarie del 2013 e la fine del
suo onorevole mandato: una botta da cui si riprese grazie a Enrico
Letta, che lo chiamò a Palazzo Chigi come consulente per l’attuazione
del programma. Si dice che tra lui e il premier ci fosse «un buon
feeling», il che non ha impedito a Graziano di restare al suo posto
anche durante il mandato di Renzi, dunque fino al dicembre del 2014. È
vero, come hanno spiegato fonti della presidenza del Consiglio, che
l’attuale capo del governo non gli rinnovò il contratto, ma è vero anche
che Graziano era di casa ai piani alti del Pd. Le foto del suo profilo
Twitter lo ritraggono con Boschi, Guerini, De Luca, Migliore e anche con
Renzi. Sui suoi rapporti con il leader del Pd gira un aneddoto che
risale agli albori di Graziano in politica. Sul finire degli anni ’90
Lapo Pistelli lo spedisce a Firenze con il mandato di convincere i
giovani popolari a incoronare Renzi segretario. La missione si rivela un
po’ più difficile del previsto, ma anche grazie al paziente lavorio di
Graziano, Matteo ce la fa.
Il suo ultimo «padre» politico è stato
comunque Marco Follini, al seguito del quale nel 2008 Graziano lasciò
l’Udc per entrare nel Pd, dopo aver attraversato, mutando elegantemente
casacca, le giovanili della Dc, il Ppi di Martinazzoli, Rinnovamento di
Lamberto Dini, Democrazia europea di Sergio D’Antoni... Fino all’approdo
nel 2006 nell’Italia di Mezzo di Follini. Il quale, due anni dopo, lo
fa entrare in Parlamento con le liste bloccate.
Del suo passaggio a
Galleria Colonna per seguire i decreti attuativi ereditati dal governo
Monti, non si trovano grandi tracce nelle cronache parlamentari: se non
per una sciarpa in cachemire trafugatagli nelle stanze del governo, del
valore che i giornali stimarono in 500 euro.
«Graziano chi?», si
saranno chiesti gli italiani vedendo spuntare nei notiziari la chioma da
biondino ormai brizzolato e la faccia da bonaccione. Ma nel Pd l’ex
presidente del partito campano ha amici un po’ in tutte le correnti.
L’incarico di garanzia gli arrivò grazie alla minoranza e alla stima di
Gianni Cuperlo ma, negli anni, ha costruito legami trasversali con
diversi parlamentari, da Verini a Ranucci.
Adesso però il sospetto
di favori alla camorra, che lo ha strappato al quasi-anonimato, pesa
come una pietra e per trovare qualcuno che lo difenda bisogna varcare i
confini del Pd. «Stefano Graziano? Lo conosco — risponde al quotidiano
Il Dubbio l’ex ministro Clemente Mastella —. Non mi pare proprio sia un
camorrista».