Corriere 27.4.16
Tre presidenti per salvare la Polonia. Se l’Unione perde il pilastro dell’est
di Maria Serena Natale
È
la più grave crisi istituzionale dalla caduta del comunismo. A sei mesi
dalle elezioni che hanno riportato gli ultraconservatori al potere, la
Polonia si avvita in un pericoloso scontro ai vertici. L’ultima chiamata
viene da tre ex presidenti che incarnano la storia e le anime della
democrazia risorta. Lech Walesa — l’epopea di Solidarnosc, gli scioperi
dei cantieri navali di Danzica, la Madonna nera di Czestochowa.
Aleksander Kwasniewski — il superamento del comunismo, la
riconciliazione, l’ingresso nella Nato. E Bronislaw Komorowski —
stabilità e orgoglio cattolico, la nazione unita nella tragedia
(Smolensk 2010, il disastro aereo nel quale morì il capo dello Stato
Lech Kaczynski). Insieme hanno firmato un appello ai polacchi «per
difendere la democrazia» dalla stretta autoritaria del governo guidato
da Beata Szydlo e fedele a Jaroslaw Kaczynski, il gemello sopravvissuto
per realizzare il sogno della Quarta Repubblica rifondata su un’ideale
integrità che non ammette legami con il passato né cessioni di
sovranità. Giustizia, informazione, aborto: l’esecutivo ha lanciato una
campagna totale di accentramento del potere, controllo su memoria e
coscienza nazionale, indurimento legislativo secondo le posizioni del
clero conservatore. Il conflitto con la Corte suprema che rivendica la
propria autonomia è il simbolo di una lacerazione sempre più profonda
che investe istituzioni e società civile. I tre presidenti denunciano
«l’usurpazione del potere, azioni antieuropee e xenofobe che minano la
coesione della Ue e fanno il gioco della Russia imperialista». Szydlo:
«Credono di essere la democrazia. Io dico che la democrazia siamo noi
polacchi». Echi dal passato nella Polonia pilastro d’integrazione e
ponte con l’Est, fino a oggi.