Corriere 26.4.16
Intrighi e delitti in Vaticano: indaga Sigmund Freud
di Roberta Scorranese
In
una Roma profumata e calda di inizio Novecento, un giallo scuote i
palazzi del Vaticano: una guardia svizzera si lancia dalla finestra. È
abbracciato a una florida cameriera. La stanza da cui si getta è quella
di un cardinale. Il colto e ironico papa Leone XIII sente che sta per
morire e di tutto ha bisogno tranne che di un successore dai facili
costumi. Che fare? I Savoia, da poco vincitori sui destini del Paese,
non aspettano che un clamoroso scandalo ecclesiastico sul quale
consolidare il potere. Una speranza forse c’è: perché non chiamare quel
medico di Vienna che sta diventando famoso per le sue bizzarre terapie
sull’inconscio, nonostante il disprezzo di parte della cultura
accademica? E così il Papa incarica Sigmund Freud di svolgere una
singolare indagine: psicanalizzare alcuni «papabili» in odor di
malefatte e scoprire chi escludere dalla successione al soglio
pontificio.
Non sta in piedi, certo. Ma è questo il bello dei
libri di Carlo A. (A. sta per Adolfo) Martigli: nitida fiction innestata
in un rigoroso e dettagliato contesto storico-simbolico. Così, in La
scelta di Sigmund , l’ultimo romanzo (che sancisce il passaggio a
Mondadori, dopo diversi anni al gruppo Gems), lo scrittore nato a Pisa
nel 1951 tenta un azzardo forse maggiore rispetto all’ Eretico e alla
Congiura dei potenti , nei quali Ferruccio e Paolo de Mola, discendenti
dei Templari, indagavano nelle pieghe della storia ai tempi di
Savonarola e di Lutero. Lì infatti il giallo storico si innervava in un
universo esoterico riconoscibile e letterario, dalla massoneria
all’alchimia, passando per quel prodigio di scienza e intuito che fu
Pico della Mirandola. Qui è tutto molto più complesso, poiché il terreno
narrativo sul quale si muove la vicenda è franabile e rischioso: la
psicoanalisi.
Come giustamente faceva notare Antonino Ferro in un
bel saggio pubblicato anni fa da Raffaello Cortina, Psicoanalisi in
giallo (per inciso: volume in cui si analizzavano i metodi del
commissario Montalbano come del tenente Colombo in modo serissimo), se è
vero che lo psicoanalista e l’investigatore muovono dalla stessa
domanda, cioè «di chi è la colpa?», è anche vero che l’esito sarà
diverso. Perché il detective arriva alla verità (almeno quella
giudiziaria), mentre lo psicanalista, al massimo, può arrivare a una
interpretazione. Martigli risolve così il nodo letterario: anche qui,
come avveniva nei gialli esoterici precedenti, l’investigatore (Freud in
persona) non arriverà mai a una certezza assoluta, come in un giallo
classico, ma la verità resterà sempre al di sopra, accessibile solo a
pochissimi iniziati. La psicoanalisi, insomma, si riannoda all’occulto e
il cerchio romanzesco si chiude. Il resto è — piacevole — racconto.
C’è
la ricostruzione (molto ben fatta) della Roma dell’epoca, comprese
certe sottigliezze come le vetture che strombazzano ad ogni vicolo,
perché nel 1903 le prime macchine erano viste come demoni meccanici e se
ne aveva paura; ci sono i dettagli della personalità di Sigmund Freud,
che visse Roma come una lunga autoanalisi, evitandola per anni finché
cedette e se ne innamorò; c’è un ritratto affettuoso di Angelo Roncalli,
all’epoca un semplice novizio ma già splendente di rettitudine e onestà
contadina.
C’è infine la nostra storia che, nel bene e nel male, da sempre ruota intorno a quel piccolo Stato lambito dal Tevere.