Corriere 17.4.18
L’erosione di destra e sinistra
di Ernesto Galli della Loggia
In
molti regimi democratici è in corso un’erosione consistente delle
identità tradizionali dellaDestra e della Sinistra. Identità che ormai
sembrano sopravvivere, quando sopravvivono, assai più come astratte
scale di valori nella testa dei rispettivi fautori che come effettiva
capacità di tradursi in differenti e magari opposti programmi di
governo.Da qui un ovvio processo di omologazione dell’intero quadro
politico.
Tra i grandi Paesi europei solo in Italia, però, questo
processo si accompagna a un tale grado di dissoluzione / spappolamento
delle identità degli antichi schieramenti da essersi ormai ridotte
unicamente alla persona del loro leader. Sicché chi come la Destra oggi
un leader non ce l’ha (e come potrebbe capitare domani ai 5Stelle),
cessa di fatto di esistere: praticamente non ha identità alcuna.
Un
Paese soffocato per mezzo secolo dal contrasto ideologico più aspro e
da un certo punto in avanti paralizzante, ha salutato tutto ciò con
favore, in nome per l’appunto della «fine delle ideologie». Ma come
spesso ci capita, con l’acqua sporca abbiamo buttato anche il bambino.
Non era scritto da nessuna parte, infatti, che nella Seconda Repubblica
Destra e Sinistra dovessero essere per forza il ricalco di quelle
ideologie che avevano caratterizzato la Prima. Lo sono state nel modo
sempre più affannato e sgangherato che sappiamo solo perché né a destra
né a sinistra è nata un’idea nuova del Paese, una visione originale e
fattiva del suo presente e del suo futuro.
La società italiana nel
suo complesso si è mostrata di una sterilità ideale e politica
assoluta. Ha prodotto solo protesta e nient’altro che protesta, la quale
oggi è arrivata, sommando la Lega e il movimento di Grillo, a
raggruppare circa il 40 per cento dell’elettorato effettivo.
Nel
frattempo, la fine, specie nella percezione comune, della diversità tra
Destra e Sinistra non ha mancato di avere conseguenze di grande rilievo
sulla nostra vita pubblica.
La principale è sotto gli occhi di
tutti: i diversi gruppi sociali hanno perduto o stanno perdendo i loro
canali di rappresentanza politica tradizionale (che so: la proprietà
edilizia con la Destra, i metalmeccanici con la Sinistra), mentre molti
dei loro membri stanno andando per l’appunto ad accrescere le nuove aree
della protesta indifferenziata cui accennavo sopra. Sempre più spesso
un elettore di sinistra o di destra non trova più motivi sufficienti per
continuare ad esserlo: tutti sentono di poter votare per tutti o quasi;
o più spesso per nessuno. Insomma, non esistendo più definite
caratteristiche socio-economiche dell’affiliazione politica, questa
tende a divenire sempre più puramente soggettiva e per così dire
astratta: a fuoriuscire dall’ambito dell’identità sociale degli
individui. Il risultato, come si vede ogni giorno, è la crescita del
disinteresse per la politica e dell’astensione.
Ma se ciò è la
regola generale, accade invece che alcuni gruppi ristretti, dotati di
appropriate risorse (indifferentemente economiche o d’influenza: quindi
ad esempio tanto i magistrati e i farmacisti quanto i petrolieri o gli
alti gradi della burocrazia) conservino comunque un forte interesse per
la politica e agli occhi della politica. Alla quale fanno
inevitabilmente gola le loro risorse, il loro appoggio o la loro
neutralità. Ciò che a propria volta, quindi, consente a questi gruppi
stessi di ottenere dalla politica una particolare protezione per i
propri interessi. E tanto più ha modo di svilupparsi — in genere dietro
le quinte — questo tipo di rapporto, in quanto ora i gruppi d’interesse
in questione hanno davanti uno spazio politico illimitato nel quale
possono giocare su tutti i tavoli. Soprattutto uno spazio libero da
eventuali opposizioni ideologiche al loro operato. Ora tutto può
avvenire, ed avviene, a 360 gradi.
Una prima conclusione
importante, dunque, è che l’omologazione tra Destra e Sinistra
indebolisce la tutela politica dei gruppi sociali più numerosi, la loro
possibilità di farsi valere, essendo il loro peso elettorale non più
appannaggio presunto di nessuno dei due schieramenti. Al tempo stesso,
invece, accresce la contiguità tra i gruppi ristretti e la politica,
così come accresce la protezione che questa può assicurare loro. Da
questo punto di vista non sembra davvero un caso, allora, se nell’Italia
degli ultimi venti anni, dopo la fine dei partiti storici e lo
spappolarsi progressivo delle successive formazioni politiche maggiori
(Forza Italia, Sinistra postcomunista), si stia assistendo a un aumento
delle aree, per così dire, della «differenziazione» e del «privilegio».
Cioè a un aumento di segmenti sociali ristretti capaci, con un’azione
genericamente definibile di lobbying, di assicurarsi quote di risorse
aggiuntive o status che li differenziano sempre più dal resto dei
cittadini. L’omologazione politica tra Destra e Sinistra, insomma, erode
sia l’idea che la pratica dell’interesse generale, e al contempo
gerarchizza ulteriormente la società. Aumenta considerevolmente il
vantaggio dei pochi, coesi e organizzati, a scapito dei più che un tempo
erano organizzati ma ora hanno cessato di esserlo. I pochi finiscono
per contare più dei molti. Alla crescita del populismo in basso
corrisponde quella del privilegio e dei trattamenti di favore in alto.
Gianluca Gemelli, l’ex compagno dell’ex ministro Guidi che twitta
imprecazioni contro la «politica» e contro la «casta» nel momento stesso
in cui briga ed intriga con entrambe per i suoi affari esprime con un
inarrivabile tocco di Cagliostro italiano la contraddittoria, malefica,
duplicità in cui si dibatte oggi il Paese.
Inutile dire come da
tutto ciò derivi infine una conseguenza inevitabile: l’aumento della
corruzione. Infatti, facendosi i rapporti tra la politica e gli
interessi settoriali più stretti, più liberi e più incontrollati, tali
rapporti danno quasi naturalmente vita assai più di prima a scambi di
natura illecita. Non da ultimo perché l’omologazione tra Destra e
Sinistra significa necessariamente anche un’omologazione dei
comportamenti e degli standard etici dei rispettivi personali politici: e
non certo al livello più alto.