Corriere 17.4.16
Contratti, anche sugli stipendi le regole si decideranno in azienda
Il piano del governo: intese nazionali derogabili. L’eccezione dei minimi retributivi
di Rita Querzé
MILANO
La riforma della contrattazione aziendale annunciata dal governo nel
Documento di economia e finanza non convince Cgil, Cisl e Uil. I
sindacati manifesteranno le loro perplessità con un parere congiunto
domani, in occasione dell’audizione sul Def in commissione Bilancio
della Camera.
Nei giorni scorsi le confederazioni hanno avuto
alcuni contatti informali con chi a Palazzo Chigi e al ministero del
Lavoro sta seguendo la partita. Cosa fa indispettire il sindacato? Prima
di tutto l’idea del governo di permettere agli accordi aziendali di
derogare ai contratti nazionali di categoria anche in materia di
retribuzioni. A rimanere intoccabili sarebbero solo i minimi retributivi
tabellari. Per il resto, la contrattazione aziendale potrebbe
eventualmente peggiorare gli standard retributivi, intervenendo sugli
scatti di anzianità per esempio.
A Cgil e Uil l’idea non piace. Ma
anche la Cisl — che in passato ha sempre sostenuto la contrattazione
decentrata — è in allerta. Ieri il sindacato di via Po ha diffuso i dati
del suo Osservatorio sulla contrattazione di secondo livello (5.050
accordi monitorati dal 2009 a oggi). Il risultato è prevedibile: la
quota di intese che hanno riguardato il salario è scesa dal 23% del 2012
al 17% nel 2014. Mentre quelle sulla gestione della crisi sono passate
dal 54% del 2012 al 67% nel 2014.
Gigi Petteni, che nella
segreteria Cisl si occupa di contrattazione, lancia un messaggio
all’indirizzo del governo: «Sulla proposta di riforma dei modelli
contrattuali che abbiamo condiviso con Cgil e Uil si sono già aperti
molti tavoli (con l’artigianato e le professioni, ndr ) e altri se ne
stanno per aprire (con Confcommercio). Siamo, quindi, ben oltre le
dichiarazioni di buona volontà. Ci auguriamo che il governo voglia
agevolare questo percorso. E non interromperlo o renderlo più difficile
con misure contraddittorie».
Da notare: già oggi i contratti
aziendali possono derogare ai contratti nazionali — e addirittura alla
legge — grazie all’articolo 8 del decreto 138 del 2011 voluto da
Maurizio Sacconi, allora ministro del Lavoro. Ma lo Statuto dei
lavoratori è già stato modificato dal Jobs act. Di conseguenza la
derogabilità alla legge perde di interesse per Palazzo Chigi. Mentre la
derogabilità sugli aspetti retributivi sarebbe una novità ben vista
anche dall’Europa.
C’è poi la questione dell’esigibilità dei
contratti aziendali. Qui si tratterebbe di travasare in una legge i
contenuti di una parte del Testo unico firmato dalle confederazioni con
Confindustria nel gennaio 2014. Un punto, questo, su cui il sindacato è
più disponibile. Purché non si tocchi nel merito quanto concordato dalle
parti. Cosa cambierebbe per lavoratori e aziende? Con una legge gli
accordi aziendali firmati a maggioranza vincolerebbero tutti i
lavoratori. E i sindacati che non hanno siglato le intese non potrebbero
in ogni caso proclamare scioperi.