sabato 16 aprile 2016

Corriere 16.4.16
Mattarella alle urne (ma si tiene fuori dalle polemiche)
di Marzio Breda

Certificato elettorale in tasca, domani Sergio Mattarella si presenterà al seggio della scuola «Giuseppe Piazzi», a Palermo, dove ha mantenuto la residenza. Pochi passi da casa, in un angolo di città — coincidenze evocatrici che capitano in molti centri della Sicilia — dentro il cui stretto perimetro la mafia ha compiuto delitti eccellenti. Per capirci: proprio in queste strade assassinò, nel 1979, il giudice Cesare Terranova con il maresciallo di scorta, Lenin Mancuso. E qui, un anno dopo, uccise suo fratello Piersanti. Così, quello che per lui è con ogni evidenza «un dovere», il voto, rischia di trasformarsi anche in un percorso dentro un dolore mai spento.
Anticipare se opterà per il sì o per il no è impossibile. Ma, a parte il vasto silenzio calato sulla (peraltro breve e snobbata) campagna referendaria, ciò che interessa è il semplice fatto che il capo dello Stato abbia deciso di non disertare le urne. Su questo, c’è chi ha giocato gli ultimi scampoli di dibattito. Con la pretesa, che ha sconcertato il Quirinale, di trascinare Mattarella nelle dispute polemiche nate dall’appello all’astensione lanciato da Matteo Renzi, per vanificare una consultazione popolare presentata come «una bufala» e far in quel modo mancare il quorum necessario per legge. Come dire che, se il presidente vota e lo fa anzi annunciare dallo staff (il che non è mai avvenuto), allora si schiera preventivamente contro il premier e sbilancia tutto.
Le cose non stanno in questo modo. Mattarella va al seggio perché, come ha detto Paolo Grossi, presidente di una Consulta di cui lui stesso è stato membro, «la partecipazione al voto fa parte della carta d’identità del buon cittadino». Cittadino che, se uno riveste il ruolo di capo dello Stato, in circostanze come questa deve dare quelli che i giuristi chiamano «exempla». Esempi, appunto. Tanto più necessari in tempi di disaffezione alla politica.
Ora, si sa che «il dovere civico» di andare alle urne sancito dall’articolo 48 (comma 2) della Costituzione è stato nel tempo superato, con l’annullamento delle relative «sanzioni» di una volta. Quelle che prevedevano iscrizioni ad hoc nelle bacheche dei municipi e nei certificati di buona condotta, ciò che costituiva un pregiudizio per esempio nei concorsi pubblici. Sparito il dovere e stabilito — dalla stessa Consulta, nel 2005 — che anche non partecipare alle elezioni è una sorta di esercizio del diritto di voto e ha una sua significatività solo sul piano sociopolitico, resta però l’obbligo morale. Sul quale pesa ancora un importante significato etico. Mattarella, dopo aver badato a tenersi estraneo alla lotta personalizzata di questi giorni, dimostra di non volerlo disattendere. E di voler offrire, come ogni suo predecessore quand’era in carica, un esempio. Una scelta che parla da sola. Come recita un brocardo romano sempre valido: rebus ipsis ac factis (silenti) .