venerdì 15 aprile 2016

Corriere 15.4.16
Il duello Schäuble-Draghi La caccia al colpevole
risponde Sergio Romano

L’indipendenza politica della Banca Centrale è stata sempre la regola d’oro della politica tedesca del Dopoguerra. Come spiega che un importante ministro del governo Merkel, Wolfgang Schäuble, attacchi ora pubblicamente e frontalmente la politica monetaria di Mario Draghi? Forse Draghi ha osato toccare gli interessi tedeschi?
Virgilio Avato

Caro Avato,
Nelle trattative che precedettero la creazione della moneta unica, il governo tedesco insistette affinché la Banca centrale europea avesse le competenze e il profilo istituzionale della Banca centrale della Repubblica federale. Questa pressante richiesta fu accolta e la Bce, sino alla fine del mandato di Jean-Claude Trichet, nell’ottobre del 2011, fu finanziariamente ortodossa. Ma Draghi, dopo l’arrivo in Europa della crisi provocata dal fallimento di Lehmann Brothers, decise di fare ciò che la Bundesbank non aveva mai fatto con quelle caratteristiche e dimensioni: stampò moneta. Adottando la linea della Federal Reserve, annunciò a Londra il 26 luglio 2012 che la Bce avrebbe fatto «whatever it takes» (qualsiasi cosa fosse necessaria) per rimettere in moto il meccanismo della crescita. E non ha smesso da allora di applicare ai mali dell’Europa il rimedio del «quantitative easing» (alleggerimento quantitativo).
In Germania, alcuni settori della finanza e della politica dettero subito segni di malumore. Il Paese non ha dimenticato la drammatica crisi dell’inizio degli anni Venti, quando il governo reagì alle misure punitive del Trattato di Versailles in materia di riparazioni permettendo che la Banca rovesciasse sul mercato una enorme quantità di moneta. I prezzi andarono alle stelle e le ricadute sociali furono drammatiche: fallimenti, disoccupazione, criminalità. La crisi ebbe anche alcune preoccupanti ricadute internazionali. La Germania interruppe il pagamento delle somme dovute, la Francia occupò la Ruhr, una delle più ricche zone minerarie d’Europa, la Gran Bretagna disapprovò la decisione francese. La crisi ebbe fine soltanto quando il governo tedesco decise di creare una nuova moneta, il Rentenmarck, e riuscì a stabilizzare in breve tempo il cambio fra il dollaro e il marco.
Oggi, paradossalmente, sta accadendo il contrario. La Bce stampa moneta e l’inflazione, tuttavia, rimane al di sotto del livello (2%) che Draghi ritiene auspicabile. Ma questo non impedisce al ministro tedesco delle Finanze di deplorare la politica «lassista» della Bce. Le pubbliche dichiarazioni di Schäuble, ricordate nella sua lettera, sono particolarmente malevole: «Ho detto a Mario Draghi che può andare orgoglioso; può attribuire alla propria politica il 50% dei risultati elettorali di un partito che sembra nuovo e fortunato». Il partito è Alternative für Deutschland e il risultato è quello delle recenti elezioni in alcuni länder tedeschi. In realtà il successo di Afd è dovuto in buona parte alla politica della cancelliera Merkel in materia d’Immigrazione, ma Schäuble ha ceduto alla tentazione di cercare un altro colpevole, possibilmente non tedesco. Fortunatamente Draghi, in questo caso, ha potuto contare sul sostegno di un uomo che in altre occasioni non aveva nascosto le sue critiche alla politica della Bce. È Jens Weidmann, capo della Bundesbank, che in una dichiarazione al Financial Times ha detto: «La Banca centrale europea deve attenersi al suo mandato sulla stabilità dei prezzi e, di conseguenza, la sua politica di espansione monetaria, in questa circostanza, quali che siano le divergenze di opinione su alcune specifiche misure, è appropriata».