venerdì 15 aprile 2016

Corriere 15.4.16
Cannes boccia l'Italia
Delusione per Bellocchio e Andò fuori dalla gara
Salvatores: il nostro cinema vive un'era incerta
di Valerio Cappelli

A tavola non c’è posto per noi, alla grande abbuffata del cinema mondiale manca l’Italia. A questo giro del Festival di Cannes andiamo dietro la lavagna. Dopo il tris dello scorso anno (Sorrentino, Garrone, Moretti), dall’11 al 22 maggio nessun film italiano sarà in gara. «Ci sono anni così, non so cos’altro aggiungere, l’Italia è sempre nel nostro cuore», prova a rispondere il direttore artistico Thierry Frémaux. Sono venti (di cui quattro francesi) i film candidati alla Palma d’Oro. I maestri: Ken Loach, Almodóvar, i Dardenne, Assayas. Poi l’ex enfant prodige Xavier Dolan, la star Sean Penn come regista, Nicolas Winding Refn, il regista cult dell’America indipendente, Jim Jarmusch. Fuori gara Woody Allen, Spielberg, Jodie Foster...
Chi è rimasto fuori della porta protesta. Non si può accontentare l’universo mondo. Fremaux: «Il Messico? Ma voi siete viziati, con Iñárritu avete appena vinto un Oscar; i Paesi arabi? C’è un film palestinese in una sezione collaterale; la Cina? Siete il Paese numero uno al mondo come apertura di sale, ma è andata così».
Eppure l’esclusione italiana pesa, anche perché non avveniva dal 2007 (e prima ancora dal 2000). Quest’anno si era parlato di Marco Bellocchio ( Fai bei sogni dal romanzo di Massimo Gramellini) mentre la possibile candidatura di Roberto Andò ( Le confessioni ) da giorni era scomparsa dai radar. L’Italia si consola a «Un Certain Regard» con Pericle il nero di Stefano Mordini (protagonista Riccardo Scamarcio) che dice: «È la sezione rock, quella giusta per il mio film, sono molto contento. I festival sono territori sovranazionali, non bisogna rammaricarsi se non siamo in gara». Martedì dovrebbe essere annunciato alla «Quinzaine» La pazza gioia di Paolo Virzì con Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi. Poi ci sono il documentario L’ultima spiaggia girato a quattro mani dal greco (ma residente in Italia) Thanos Anastopoulos e da Davide Del Dega, e il cortometraggio Il silenzio di Farnoosh Samadi e Ali Asgari. Valeria Golino (coproduttrice del film con Scamarcio) si dà per certa nella giuria della gara. Il pacchetto italiano si chiude qui.
Che cosa significa, per la nostra cinematografia, non essere presenti al concorso del più importante festival del cinema? «Non è il Giudizio Universale — dice il presidente dei produttori Riccardo Tozzi — non bisogna montarsi quando ci siamo né smontarsi ora. I festival non sono misuratori oggettivi della qualità, ma dei rapporti di forza». Cannes ha un’identità forte. «Appunto: prendono i loro cocchi, quelli che il festival ha lanciato e il discorso vale per Paolo Sorrentino, Matteo Garrone e anche per Nanni Moretti. Poi tendono a prendere film sorprendenti, e possono essere anche piccoli». Qual è, Tozzi, la categoria che viene penalizzata, a parte le commedie? «I cross over , cioé i film di qualità diretti da autori importanti e più indirizzati al pubblico. Il primo nome che mi viene in mente è Ferzan Ozpetek. Lo stesso Marco Bellocchio: Vincere fu l’unico film italiano a Cannes nel 2009. Ora ha girato Fai bei sogni e non viene invitato. Può essere che non abbiano trovato film italiani che corrispondano alla loro linea editoriale». Ozpetek: «Cannes fa piacere, poi se ci sei bene, sennò è lo stesso...Io ci sono stato due volte ma non in gara. L’importante è fare bei film e condividere l’abbraccio del pubblico».
Anche Gabriele Salvatores a Cannes è andato in due occasioni fuori concorso. Ecco la sua analisi: «Il cinema italiano è in un momento di transizione, sta cercando delle strade nuove, non sempre è facile confrontarsi con i festival. Abbiamo una tradizione che piace ai francesi; abbiamo avuto il caso Jeeg Robot, la riscoperta del film di genere, e non sempre a loro piace».
Infine c’è la strada dei documentari. «Sì, Fuocoammare di Rosi unisce poesia, fiction e realtà, io stesso ho realizzato un ritratto in 1960 : è cinema che non va lasciato alla tv. Ci vuole tempo, ci vogliono produttori che prendano qualche rischio in più. Cannes è un festival molto orientato, non è la destinazione naturale di questo tipo di ricerca e nuova avventura».