Corriere 14.4.16
Il leader riparte ma cerca di svelenire lo scontro
di Massimo Franco
Matteo
Renzi rivendica la riforma del Senato approvata martedì come «un
gigantesco passo avanti»: tanto più importante perché, a suo avviso,
pochi ci credevano. Le opposizioni, invece, hanno una gran fretta di
archiviare e far dimenticare il successo del governo. E non tanto perché
si tratta di una riforma votata in una Camera abbandonata dalle
minoranze. L’obiettivo è di spostare di nuovo i riflettori sulla seduta
del 17 aprile a Palazzo Madama dove sarà presentata una mozione di
sfiducia; e sul referendum sulle trivellazioni di domenica.
Matteo
Renzi e i suoi ministri sono decisi a farlo fallire puntando
sull’astensione: un obiettivo probabile, nonostante le polemiche. Ma per
il presidente del Consiglio gli esami sono destinati a diventare più
difficili. C’è l’inchiesta giudiziaria a Potenza che ha portato alle
dimissioni del ministro Federica Guidi. E ancora le Amministrative di
giugno, con la commissione Antimafia di Rosy Bindi che vorrebbe dare
un’occhiata alle liste dovunque. Non bastasse, la minoranza del Pd
insiste nel voler cambiare il sistema dell’Italicum, nel timore di
essere tagliata fuori dalle liste elettorali; ma «io no», le replica
Renzi. E, a ottobre, ci sarà lo spartiacque della legislatura: il
referendum sulle riforme appena approvate. In realtà, sarà uno snodo
cruciale anche per Palazzo Chigi. E al suo esito contribuiranno le
condizioni politiche nelle quali il premier e il governo ci arriveranno.
All’inizio, Renzi lo ha impostato come una sorta di plebiscito su se
stesso e su quanto ha fatto in due anni e mezzo. E adesso i suoi nemici
glielo rinfacciano, e per primi tendono a politicizzarlo nella speranza
tuttora remota di dare una spallata all’esecutivo.
«Il referendum
non deve essere un plebiscito», ma «lo vinciamo noi», rilancia il
premier. «La lotta politica non può arrivare a prendere in ostaggio il
Paese». Eppure sa che «il rischio c’è. La riforma costituzionale deve
essere votata sul Senato, sulle Regioni, e non su di me. Poi io, è
chiaro che se non ce la facciamo devo trarne le conseguenze e andare a
casa». Il suo appare un tentativo di non radicalizzare oltre misura lo
scontro. È difficile, però, che le opposizioni glielo consentano. La
raccolta di firme che stanno organizzando sul referendum d’autunno dice
questo. «C’è un accordo tra tutti i gruppi parlamentari d’opposizione»,
annuncia trionfante quello di FI alla Camera, Renato Brunetta.
Ma
il rumore di fondo che preoccupa di più è quello dei dati economici e
della magistratura. La crisi rimane quasi intatta. E tra Palazzo Chigi e
Pd, il numero di quanti temono un’offensiva giudiziaria contro il
governo sta crescendo col nervosismo. Renzi si limita a ripetere di
lavorare perché la giustizia lavori meglio. La possibilità di essere
male interpretato va messa nel conto, tuttavia. Anche perché un M5S
timoroso di perdere posizioni dopo la morte dell’«ideologo» Casaleggio
sparge veleni quando il Pd è lambito dalle inchieste.