Corriere 14.4.16
Dalla sinistra a Brunetta, l’alleanza anti riforma
L’esponente di FI: c’è un accordo tra tutti i gruppi d’opposizione per raccogliere insieme le firme
Mobilitazione anche del fronte del sì. Contributi di Napolitano, che però non intende aderire a comitati
di Dino Martirano
ROMA
Partiti lacerati sul voto in Aula ma poi compatti per la richiesta di
referendum. Sulla riforma costituzionale del bicameralismo paritario,
tutte le forze politiche — il Pd e la maggioranza per innescare
l’effetto plebiscito sul governo; le opposizioni per «mandare a casa
Renzi» — ora invocano la consultazione popolare di ottobre. E tutti, a
questo punto, cercano testimonial d’eccezione in vista dello scontro
d’autunno.
Il fronte del sì, per ammissione dello stesso Matteo
Renzi, vorrebbe «intestare questa vittoria storica» al presidente
emerito della Repubblica Giorgio Napolitano. Tuttavia l’ex inquilino del
Quirinale — che ha dato un impulso eccezionale al percorso della
riforma costituzionale anche con il famoso discorso del 22 aprile 2013
davanti al Parlamento riunito in seduta comune per la sua rielezione —
si limiterà alle dichiarazioni pubbliche e alle interviste. L’ex capo
dello Stato, dunque, non intenderebbe avere alcun ruolo «attivo» nei
comitati per il sì che saranno affidati ai parlamentari e ai militanti.
Tra
i promotori del fronte del no alla riforma, il nome più autorevole è
quello del presidente emerito della Corte costituzionale Gustavo
Zagrebelsky. Però anche a Torino — culla dei costituzionalisti ostili
alla riforma Renzi-Boschi — ci sono le elezioni amministrative e così lo
scontro referendario si accenderà solo dopo il 19 giugno. Prima di
quella data, infatti, il professor Zagrebelsky non intenderebbe
intralciare la corsa per la conferma del sindaco uscente Piero Fassino,
che, invece, è un fautore della riforma costituzionale.
Per la
riforma Renzi-Boschi, approvata martedì a maggioranza nell’aula per metà
deserta della Camera, si profila dunque l’unanimità di consensi per la
richiesta di referendum confermativo previsto per ottobre. Per chiedere
la consultazione ci sarà una gara tra maggioranza e opposizione: tutti
ai nastri di partenza a partire da domani quando, presumibilmente, il
testo Renzi-Boschi verrà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale .
Si
muoveranno i capigruppo del Pd, Ettore Rosato e Luigi Zanda, che
dovranno rastrellare, rispettivamente, le firme di 125 deputati e di 66
senatori perché il premier Matteo Renzi fin dall’inizio ha detto che sul
sì al referendum «il governo si gioca tutto». Ma lo stesso sforzo lo
faranno le opposizioni, unite, da Sinistra italiana alla Lega: «C’è un
accordo tra tutti i gruppi d’opposizione per raccogliere insieme le
firme», ha annunciato il capogruppo di Forza Italia, Renato Brunetta.
Mentre Arturo Scotto, capogruppo di Sinistra italiana, ha attaccato
l’attivismo del Pd: «È un fatto di igiene istituzionale che il
referendum venga chiesto dalle opposizioni. È evidente che se il Pd
volesse raccogliere le firme sarebbe legittimo ma, allora, si
trasformerebbe in un plebiscito. In ogni caso il referendum non è una
concessione della maggioranza o del governo...».
Nel 2001 (riforma
del Titolo V fatta dal centrosinistra) il referendum confermativo
(senza quorum) fu chiesto dall’opposizione e dalla maggioranza: votò il
34% degli elettori, vinsero i sì con il 64%. Nel 2006 (modifica della
Costituzione fatta da Silvio Berlusconi), il test popolare fu chiesto
dalle opposizioni e da 15 consigli regionali: votò il 52,5%, stravinse
il no con il 64%.