mercoledì 13 aprile 2016

Corriere 13.4.16
I 106 anni (normali) di Dorfles «Mi sveglio, lavoro. Amo il vino»
di Marisa Fumagalli

In auto da Milano a Trieste, poi sul palco per la presentazione del suo libro
TRIESTE «C’è troppa luce, per favore abbassatela». E due faretti si spengono. Insiste: «Spegnete tutto». Accontentato. Sul palco dell’Auditorium del Museo Revoltella, seduto sulla poltroncina, c’è un signore di 106 anni, impeccabilmente vestito con un completo marrone («ama i colori, detesta soltanto il blu», ci dirà la governante Dina), pullover nocciola, camicia, cravatta che si aggiusta con gesto rapido. Magro, mediamente curvo considerando l’età. È il giorno del suo compleanno.
Gillo Dorfles, artista e critico d’arte triestino ma milanese di adozione, ritorna nella sua città di origine che lo festeggia organizzando la presentazione di un volume ponderoso (850 pagine) dalla copertina rossa: Gli artisti che ho incontrato. Un’antologia completa dei suoi scritti (mancano soltanto gli articoli sulla Biennale di Venezia e quelli del Corriere della Sera, già ripubblicati), dal 1930 al 2015. Accanto a lui, il fondatore della Transavanguardia Achille Bonito Oliva e l’amico Luigi Sansone, curatore dell’opera. La sala è strapiena, sedie aggiunte in prima fila. E l’applauso, affettuoso, scatta frequentemente durante l’ora di conversazione.
La sera prima dell’evento, Dorfles è arrivato a Trieste in auto con la governante, anche autista all’occorrenza, e ha preso alloggio ai «Duchi», l’hotel che si affaccia su piazza Unità. («Abbiamo cenato in un vicino ristorante; ha gustato verdure in padella e tagliolini», racconta Dina). La mattina è trascorsa fra interviste e saluti. Pranzo, riposino, e via di seguito fino all’appuntamento del Revoltella.
«Ma le pare che le mie giornate siano diverse da quelle degli altri?», risponde, tagliente, a una delle domande del pubblico. È ovvio che la banalità del quesito alludeva all’età eccezionale. Subito stoppata: «Mi sveglio, lavoro, vado a dormire...».
Prende la parola Sansone: «In verità, le sue giornate sono molto più intense. La casa di Milano è aperta. Via vai di artisti, designer, scrittori». Quindi, illustra il contenuto dell’Antologia, tratteggiando la figura di Dorfles. E annuncia la lettura di un breve brano dell’introduzione. Ma il festeggiato lo interrompe: «Vorrei dire due paroline anch’io...».
Si tenta di posticipare, non c’è verso. Applausi. Il microfono è suo: «Il merito di questo libro va tutto a Sansone. Se non si fosse impegnato nella ricerca minuziosa dei miei scritti, molti pubblicati in riviste minori, non sarebbe uscito». Amen. Sansone ha facoltà di leggere il brano.
Tocca ad Achille Bonito Oliva. «Lo stile è l’uomo», attacca pescando la celebre frase di Buffon, naturalista e scrittore francese. Addita l’abbigliamento di Dorfles, e dice: «È un libertino. Laico, senza pregiudizi, senza retorica. Artista dell’eterno presente...». Bonito Oliva tiene la scena, è dirompente, anticonformista come il protagonista della sua ode. Dorfles ascolta, tormentandosi gli occhi. Due fessure.
In sala c’è Dina. La incontriamo alla fine. Uno spicchio di quotidianità: «Dorfles è goloso di dolci e ha due rossi prediletti, il Nero d’Avola e il Cannonau». Lui conferma: «Amo il vino».