Corriere 13.4.16
ideologia di Hitler, il nazional-socialismo
risponde Sergio Romano
Ho
trovato nel libro Adolf Hitler di Colin Cross una notizia che mi ha
sorpreso. L’autore sostiene che dopo il termine del servizio militare il
futuro Führer era diventato comunista e porta come pezze d’appoggio due
testimonianze che comparirebbero nel libro Storia delle origini del
Nsdap (Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori) di Werner
Maser. Il suo tentativo di essere ammesso in un partito di sinistra però
non sarebbe stato accolto. Nel Mein Kampf non ne viene fatto cenno. A
me pare una diceria perché per tutta la vita Hitler continuò a
manifestare una fiera avversione nei confronti dell’ideologia marxista. E
poi, se veramente avesse fatto delle avances, perché l’avrebbero
rifiutato dato che era ancora uno sconosciuto?
Porfirio Russo
Caro Russo,
Mentre
combatteva con il suo reparto nei pressi di Ypres, Hitler fu vittima
del gas nella notte fra il 13 e il 14 ottobre 1918. Venne ricoverato
nell’ospedale di Pasewalk in Pomerania e vi rimase fino al 19 novembre.
Erano passati 11 giorni dalla conclusione dell’armistizio, quindi,
allorché fu autorizzato ad andarsene. Ma non aveva casa o parenti e
decise di tornare a Monaco dove era accasermato il reggimento bavarese
in cui aveva combattuto dalla tarda estate del 1914. Riuscì a prolungare
la data del suo definitivo congedo sino al 31 marzo 1920. Era ancora in
ospedale, di conseguenza, quando a Berlino fu proclamata la Repubblica e
a Monaco un socialista indipendente, Kurt Eisner, fece altrettanto. Ed
era ancora in uniforme il 4 aprile 1919, quando in Baviera fu instaurata
una Repubblica dei Consigli, modellata sullo Stato sovietico che Lenin
aveva creato a Pietrogrado nel novembre di due anni prima. È molto
improbabile quindi che Hitler, in quel momento, fosse attratto dal
bolscevismo, vale a dire da quella che sarebbe diventata, insieme
all’ebraismo, la sua principale ossessione.
Sappiamo invece che
nei quattro anni giovanili passati a Vienna, quando cercava inutilmente
di essere ammesso all’Accademia delle Belle Arti, Hitler fu interessato
dall’attività dei sindacati e prese in considerazione la possibilità
d’iscriversi a uno di essi. Non sembra che abbia dato seguito a questa
intenzione, ma era politicamente convinto che una forza politica, per
avere successo, dovesse dare prova di una forte sensibilità sociale. La
prima associazione politica a cui aderì si chiamava Partito dei
lavoratori tedeschi, e la parola «lavoratori» sopravvive nella
denominazione del Partito nazional-socialista. Quando decise che
occorreva dare al partito una bandiera, volle che fosse rossa con una
svastica in campo bianco. Vi furono persino momenti, durante le sfilate
nei quartieri popolari, in cui la svastica rimpiccioliva e il rosso
occupava la bandiera quasi interamente. Hitler sosteneva che lo sciopero
fosse legittimo, ma aggiungeva che sarebbe divenuto inutile non appena
il nazional-socialismo avesse conquistato il potere. Fece una politica
sociale quando lanciò il piano nazionale per la costruzione delle
autostrade e delle autovetture popolari (le volkswagen). Ma il vero
motore economico della politica hitleriana, dopo i disastrosi effetti
della grande crisi del 1929, fu il riarmo: una politica che avrebbe
soppresso qualsiasi garanzia sindacale e trasformato il popolo dei
lavoratori in un popolo di soldati.