domenica 6 marzo 2016

Repubblica Cult 6.3.16
La rivoluzione mancata di Copernico
di Piergiorgio Odifreddi


La scorsa settimana abbiamo ricordato che il 26 febbraio 1616 il cardinal Bellarmino ingiunse a Galileo di «abbandonare del tutto la dottrina che il Sole è al centro del mondo». Ma questa ingiunzione mostrava che l’Inquisizione non ce l’aveva con lo scienziato, bensì con la teoria da lui professata.
Questa teoria però non era di Galileo, ma di un polacco laureato in diritto canonico di nome Niccolò Copernico. E non era nuova, ma vecchia di cent’anni, essendo stata fatta circolare nel 1514 in un Commentariolo, e pubblicata nel 1543 nel trattato Sulle rivoluzioni dei corpi celesti, dedicato al papa Paolo III. L’opera era sopravvissuta senza traumi anche perché la sua anonima prefazione dichiarava diplomaticamente che la rivoluzionaria teoria eliocentrica non era «né vera, né verosimile», e costituiva solo una finzione matematica utile per descrivere i fenomeni celesti. Ma dopo il can can sollevato da Galileo l’In-quisizione non poteva più fare finta di niente, e il 5 marzo 1616 anche il trattato di Copernico finì all’indice.
Ci rimase fino al 1758, quando ormai l’intera comunità scientifica aveva adottato l’eliocentrismo, che il Sant’Uffizio permise di insegnare solo nel 1820. Ma solo nel 1990 una commissione pontificia ha ufficialmente chiuso la vicenda, accettando l’evidenza che fin dagli inizi la teoria eliocentrica era chiara come la luce del Sole.