Repubblica Cult 27.3.16
Compagno robot /2
Paul Mason. Il postcapitalismo? Un’utopia socialista in salsa hi-tech
CHI È
PAUL MASON, CINQUANTASEI ANNI, GIORNALISTA, INGLESE, LAVORA PER “CHANNEL 4”.
IN
ITALIA HA APPENA PUBBLICATO CON IL SAGGIATORE “POSTCAPITALISMO, UNA
GUIDA AL NOSTRO FUTURO” (382 PAGINE, 22 EURO, TRADUZIONE DI FABIO
GALIMBERTI).
LO PRESENTERÀ L’11 APRILE A MILANO (MEDIATECA SANTA TERESA, ORE 18.30)
MARX
È MORTO MA ANCHE IL CAPITALISMO non sta tanto bene. E allora bisogna
voltare pagina: «La nuova classe rivoluzionaria è tra noi: sono i white
wire people, i sempre connessi, quelli con gli auricolari. E i robot
saranno i loro alleati». Così parla l’ultimo dei tecnoentusiasti, Paul
Mason, inglese, giornalista economico e ora star del Postcapitalismo,
come ha intitolato il libro appena uscito in Italia con il Saggiatore.
Oggi
anche i più incalliti tecnofedeli della rete libera fanno i conti con
la realtà e iniziano a esprimere dubbi. Lei invece parte dalla
tecnologia per proporre un’utopia addirittura di sinistra.
«Il
capitalismo si basa su risorse scarse, mentre l’informazione è una
risorsa abbondante: con il web abbiamo raggiunto la possibilità di
crearla e riprodurla senza limiti. Questo elemento farà saltare il
vecchio sistema. L’uomo del futuro sarà istruito e connesso, la società
non si baserà su capitale e lavoro ma su energia e risorse: il
postcapitalismo è un’utopia socialista in salsa tecno. Esperienze
collaborative come Wikipedia dimostrano che una rete della condivisione è
possibile. Quanto ai robot so bene che l’università di Oxford prevede
la scomparsa del 47 per cento dei lavori a causa loro. Dico però che
sono un antidoto, non un pericolo. Grazie a loro, quando l’informazione
avrà reso molte cose gratuite potremo rinunciare agli impieghi di basso
valore e prediligere meno lavoro, più produttivo. Insomma, potranno
liberarci dai lavori più alienanti: tecnologia può significare
conoscenza diffusa ed equità».
Equità? In realtà la tecnologia
dell’informazione è in mano a pochi: Google, Facebook... E il
capitalismo non è mai stato così aggressivo. Almeno così dice chi
critica il suo “postcapitalismo”, come Evgeny Morozov.
«I monopoli
sono proprio il tentativo del capitalismo di dominare un cambiamento
inevitabile. Quando puoi prendere un’informazione, ad esempio una
traccia musicale, e copincollarla all’infinito, il prezzo tende
inevitabilmente allo zero. Il monopolio consente di controllare
quell’informazione e imporre artificialmente un prezzo. Ma una visione
alternativa è assolutamente possibile. La rivoluzione dell’informazione
suggerisce invece abbondanza e prodotti gratis».
Gratuità, lavoro volontario in stile Wikipedia e porte aperte ai robot. Scusi, ma nel suo postcapitalismo come ci si mantiene?
«In
una fase di transizione sarà fondamentale che lo Stato garantisca il
reddito di cittadinanza universale. Poi verremo “pagati” sempre di più
in servizi: i salari diventeranno sociali, fino a sparire lentamente».
Lei dice “economia della condivisione” e viene in mente la sharing economy di Uber. È questo che ha in mente?
«No,
Uber non è un sistema equo, al contrario: è una piattaforma di self
impoverishment, spinge alla competizione estrema e allo sfruttamento. Io
ho in mente Wikipedia: il
peer- to- peer, la rete paritaria, elevata a potenza, un modello basato su competenze diffuse e collaborazione».
Lei
sostiene che la sinistra politica non sta capendo nulla di quanto sta
accadendo. Che “si rifiuta di vincere”. Neppure Bernie Sanders la
entusiasma?
«Sì, trovo interessanti sia lui che Jeremy Corbyn,
sono due politici che conoscono le abitudini della “generazione
connessa”, che del resto li vota. Mi piace anche la sindaca Ada Colau,
di Podemos: a Barcellona ha aperto un bel ragionamento sulla
smart
city. Dico però che la sinistra non ha saputo sfruttare le
contraddizioni tra mercato e economia dell’informazione. Il neoliberismo
dell’austerity non darà risposte efficaci quando i robot ci toglieranno
il lavoro. La condivisione sì. Ovviamente in questa transizione lo
Stato ha un ruolo chiave: può rompere le asimmetrie che consentono i
monopoli, primo fra tutti quello dell’informazione. Provi a immaginare:
se potessimo utilizzare tutti i dati che finiscono in mano alle
corporation per fini pubblici condivisi, non sarebbe una vera
rivoluzione?».