Repubblica 9.3.16
Un appello del teologo Hans Küng a Francesco per annullare il dogma
Aboliamo l’infallibilità del Papa
di Hans Küng
È
difficile immaginare che papa Francesco avrebbe fortemente voluto una
proclamazione della infallibilità papale come quella che nel
diciannovesimo secolo venne sollecitata da Pio IX con ogni mezzo. Si può
invece ritenere che Francesco (come fece a suo tempo Giovanni XXIII
davanti agli studenti del collegio greco) dichiarerebbe sorridendo: «Io
non sono infallibile». Di fronte allo stupore degli studenti, Giovanni
aveva aggiunto: «Sono infallibile solo quando parlo ex cathedra, ma non
parlerò mai ex cathedra». Questo tema mi è familiare da tempo. Ecco
qualche importante
dato storico, che ho acquisito di persona e ho meticolosamente documentato nel quinto volume delle mie opere complete.
1950:
Il 1° novembre Pio XII proclama come dogma di fronte a una folla
gigantesca: «L’immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato
il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e
corpo». Allora, studente ventiduenne di teologia, accolsi con entusiasmo
questo evento.
Fu dunque un primo infallibile pronunciamento ex
cathedra del supremo maestro e pastore della Chiesa cattolica, il quale
si appellò alla particolare assistenza dello Spirito Santo, in piena
conformità alla proclamazione dell’infallibilità papale avvenuta nel
Concilio Vaticano I!
1958: Con la morte di Pio XII giunge alla
fine anche il secolo dell’eccessivo culto di Maria promosso dai papi
“Pii“. Il suo successore Giovanni XXIII è contrario a nuovi dogmi e la
maggioranza del Concilio decide con una votazione aperta di non
promulgare un proprio decreto su Maria, anzi, mette in guardia da
manifestazioni esagerate di devozione mariana.
1965: Nella
costituzione pastorale sulla Chiesa si trova – capitolo III sulla
gerarchia – l’articolo 25 sull’infallibilità, che però sorprendentemente
non viene affatto discusso. Tanto più che di fatto il Vaticano II ha
proceduto a un allargamento sconcertante, estendendo espressamente e
senza motivazione all’episcopato quell’infallibilità che il Vaticano I
aveva attribuito solo al papa.
1968: Appare l’Enciclica Humanae
Vitae sulla regolazione delle nascite. L’enciclica, che vieta come
peccato grave non solo la pillola e i mezzi meccanici, ma anche
l’interruzione del rapporto sessuale per evitare una gravidanza, viene
percepita come un’enorme provocazione. Con essa il papa si pone in
contrasto, per così dire, con tutto il mondo civilizzato, richiamandosi
al suo infallibile magistero e a quello dell’episcopato. Certo, le
proteste formali e le obiezioni materiali sono importanti, ma questa
pretesa di infallibilità delle dottrine papali non può proprio essere
riesaminata a fondo? Ne faccio un tema di discussione nel mio libro
Infallibile? Una domanda, del 1970.
1979/1980:
Revoca della mia abilitazione alla docenza in teologia cattolica. Che
si trattasse di un’azione segreta preparata nel minimo dettaglio,
dimostratasi contestabile sul piano giuridico, infondata su quello
teologico e controproducente su quello politico, è ampiamente
documentato nel secondo volume delle mie memorie, Verità contestata. A
quel tempo il dibattito si soffermò a lungo su questa revoca della mia
missio e sulla infallibilità. Tuttavia, la mia considerazione nella
comunità religiosa non poté essere distrutta. E, come avevo previsto, le
discussioni sui grandi compiti della riforma non sono cessate. Mi
riferisco al dialogo interconfessionale, al reciproco riconoscimento
delle funzioni e delle celebrazioni eucaristiche, alle questioni del
divorzio e dell’ordinazione sacerdotale delle donne, al celibato
ecclesiastico e alla drammatica crisi delle vocazioni, e soprattutto
alla guida della Chiesa cattolica. Posi la questione: «Dove state
portando questa nostra Chiesa?».
Dopo 35 anni, questi
interrogativi sono attuali ora come allora. Ma la ragione decisiva
dell’incapacità di realizzare riforme a tutti questi livelli continua ad
essere la dottrina dell’infallibilità del magisterio, che ha portato
alla nostra Chiesa un lungo inverno. Come allora Giovanni XXIII, anche
oggi papa Francesco cerca con tutte le forze di far soffiare un vento
fresco sulla Chiesa. E deve scontrarsi con una forte resistenza, come in
occasione dell’ultimo sinodo mondiale dei vescovi dell’ottobre 2015.
Non ci si faccia illusioni, senza una “re-visione” costruttiva del dogma
dell’infallibilità un reale rinnovamento sarà ben difficilmente
possibile.
Tanto più sorprendente, allora, è che la discussione su
questo tema sia scomparsa dallo schermo. Molti teologi cattolici,
temendo sanzioni come quelle che hanno colpito me, hanno quasi
rinunciato a esprimere posizioni critiche sull’ideologia
dell’infallibilità, e la gerarchia cerca, per quanto possibile, di
evitare un tema così impopolare nella Chiesa e nella società. Solo poche
volte Joseph Ratzinger vi si è richiamato, nella sua veste di prefetto
della Congregazione per la dottrina della fede. Ma, tacitamente, il tabù
dell’infallibilità ha bloccato tutte le riforme che, a partire dal
Concilio Vaticano II, avevano sollecitato una revisione di precedenti
definizioni dogmatiche.
2016: È il mio ottantottesimo anno di
vita, e posso dire di non essermi risparmiato per raccogliere i numerosi
testi compresi nel quinto volume delle mie opere complete. Ora, con
questo libro in mano, vorrei rivolgere di nuovo al papa un appello che
ho più volte inutilmente lanciato nel corso di una discussione
pluridecennale in materia di teologia e di politica della Chiesa.
Imploro papa Francesco, che mi ha sempre risposto in modo fraterno:
«Riceva questa ampia documentazione e consenta nella nostra Chiesa una
discussione libera, non prevenuta e aperta su tutte le questioni
irrisolte e rimosse legate al dogma dell’infallibilità. Non si tratta di
banale relativismo, che mina i fondamenti etici della Chiesa e della
società. E nemmeno di rigido e insulso dogmatismo legato
all’interpretazione letterale. È in gioco il bene della Chiesa e
dell’ecumene.
Sono ben consapevole che a lei, che vive “tra i
lupi“, questa mia preghiera potrà sembrare poco opportuna. Ma lo scorso
anno lei ha coraggiosamente affrontato malattie curiali e perfino
scandali, e nel suo discorso di Natale del 21 dicembre 2015 alla curia
romana ha ribadito la sua volontà di riforma: “Sembra doveroso affermare
che ciò è stato – e lo sarà sempre – oggetto di sincera riflessione e
decisivi provvedimenti. La riforma andrà avanti con determinazione,
lucidità e risolutezza, perché Ecclesia semper reformanda”.
Non
vorrei accrescere in modo irrealistico le aspettative di molti nella
nostra Chiesa; la questione dell’infallibilità nella Chiesa cattolica
non può essere risolta dal giorno alla notte. Ma per fortuna lei è più
giovane di me di quasi dieci anni e, come tutti ci auguriamo, mi
sopravvivrà.
E certamente comprenderà che io, da teologo alla fine
dei miei giorni, sostenuto da una profonda simpatia per lei e per la
sua azione pastorale, abbia voluto, finché sono in tempo, esporre la mia
preghiera per una libera e seria discussione sull’infallibilità,
motivata come meglio posso nel presente volume: non in destructionem,
sed in aedificationem ecclesiae, “non per la distruzione, ma per
l’edificazione della Chiesa“. Per me personalmente sarebbe la
realizzazione di una speranza mai abbandonata».
( Traduzione di
Carlo Sandrelli) Il testo è un’anteprima del quinto volume dell’opera
omnia di Küng Unfehlbarkeit in uscita in Germania