Repubblica 8.3.16
Quel male senza causa
Si tratta di esercitare sulla vita un possesso totale. È un modo per farsi padroni della Legge
di Massimo Recalcati
IL
CRIMINE, anche quello più efferato, non è mai, come si potrebbe
erroneamente credere, una regressione dell’umano alla ferocia primitiva
dell’animale.
NESSUNA bestia tende, come è
appena accaduto a Roma, un agguato premeditato al fine di segregare,
torturare, seviziare e, infine, ammazzare la sua vittima. Nessuna bestia
uccide per sapere cosa si prova ad uccidere. Nulla è, infatti, più
tragicamente “umano” del crimine; non solo perché è solo l’esistenza
della Legge (“Non uccidere!”) che definisce il carattere violentemente
trasgressivo del crimine (non ci sarebbe crimine se non ci fosse Legge),
ma, soprattutto, perché il crimine umano può rivelare il suo carattere
assolutamente gratuito. Mentre la violenza animale si scatena sempre per
una motivazione (foss’anche quella della pura rivalità, della contesa),
la violenza umana può essere totalmente priva di motivazione. Certo,
nella maggior parte dei casi i crimini sono compiuti per mero interesse:
in una rapina per impossessarsi del bottino, in un atto terroristico
per realizzare la vittoria della propria Causa ideale; in un delitto
passionale per eliminare il proprio rivale o il proprio partner
“infedele”. Esistono anche crimini che la criminologia rubrica come
“immotivati” nei quali spesso si cela una malattia mentale grave: un
paranoico può dichiarare di aver ucciso per “legittima difesa” una
vittima innocente che ha solo il torto di essere casualmente sulla sua
strada; un depresso può uccidere i suoi cari per trascinare tutto il
mondo nella sua rovina.
Anche in questi
casi, il crimine, per quanto abominevole sia, appare ispirato da una
logica, dotato di senso. Diversamente, nei crimini di natura perversa
come quello compiuto dai due giovani romani ai danni di un ragazzo di 23
anni, non si uccide per un obbiettivo perché l’obbiettivo è in se
stesso quello di uccidere. Nessuna Causa sostiene il passaggio all’atto
criminale: Il loro solo obbiettivo è quello dell’esercizio del Male. È
un tratto del nostro tempo: il crimine appare sempre più erratico, vacuo
e dissociato dal senso.
Esso può avvenire
senza il sostengo di alcuna Causa, proprio perché l’evaporazione di ogni
Causa ha lasciato il soggetto di fronte ad un vuoto privo di senso che
esige solamente di essere in qualunque modo riempito. Nessuna ragione,
nessuna motivazione, nessuna passione, nessuna Causa, nessun delirio
sostiene questo passaggio all’atto criminale. In primo piano c’è
solamente uno sconfinamento dello “sballo” effimero (droga, alcool,
party) verso la violenza sadica più spietata. La vita della vittima
resta sospesa nelle mani dei suoi due aguzzini come un oggetto inerte
piegato alla loro assoluta volontà di godimento. Si tratta di fare
sprofondare il corpo martirizzato al rango di un oggetto spogliato di
ogni libertà e ridotto, come direbbe Agamben, a “nuda vita”. Si tratta
di scatenare l’angoscia più insopportabile nella vittima, di sopprimere
ogni suo margine di autonomia, di esercitare sulla sua vita un possesso
totale. È questo un modo di farsi padroni della Legge. È il cuore nero
di ogni crimine perverso: negare i limiti imposti dalla Legge degli
uomini nel nome della propria arbitraria volontà di godimento che
diventa la sola forma possibile della Legge. Non c’è, infatti, per un
perverso, nessuna ragione nel godimento che non sia il godimento stesso.
Ogni trascendenza viene abolita e con essa ogni senso di compassione
umana. Nella perversione il sentimento della pietas non può trovare
alcun posto. Il godimento della pulsione di morte sommerge la scena del
crimine senza lasciare resti. La caduta del senso dell’umano è caduta
del senso della parola. Il ragionamento del perverso è lucidamente
cinico: se il corpo è solo un corpo, ogni diritto a goderne sino alla
sua morte è giustificato. Esso spinge così la gratuità dell’atto al suo
colmo: «Lo abbiamo fatto solo per sapere cosa si prova ad uccidere»,
commenta uno dei due assassini il proprio crimine mostruoso.