Repubblica 6.3.16
I tabù del mondo
Il nostro lato Sade il libertino che sfida la Legge
La
perversione non è un comportamento sessuale deviato, visto che la
trasgressione è comune a tutte le forme di erotismo. È piuttosto una
sfida impossibile contro qualsiasi regola, qualsiasi precetto legato
alla cultura, in nome di un concetto astratto di Natura Una tendenza che
ai giorni nostri è forte più che mai
di Massimo Recalcati
Nessuna
figura come quella del perverso si candida ad infrangere ogni tabù. È
la sua professione e il suo programma. È la sola perversione degna di
questo nome: sfidare la Legge degli uomini mostrando la sua natura falsa
e ipocrita, poiché la sola Legge che conta è quella del proprio
godimento.
Un luogo comune, avallato anche da una certa
psicoanalisi, ha voluto invece considerare la perversione come una
aberrazione del comportamento sessuale, come un vizio che
sottolineerebbe il carattere deviato, anarchico, esorbitante della
sessualità. In realtà, da questo punto di vista, gli esseri umani
sarebbero tutti egualmente perversi. Il desiderio sessuale è, infatti,
abitato strutturalmente da una dimensione lussuriosa. Freud parlava a
questo proposito già della sessualità del bambino come di una sessualità
perversa-polimorfa. Mentre nel mondo animale il sesso sembra rispondere
alla bussola infallibile dell’istinto, la sessualità umana eccede
quella guida, la sconvolge; non si piega né alla finalità riproduttiva,
né a quella del rapporto sessuale come semplice congiunzione dei
genitali. Lacan ironizzava affermando che nella sessualità umana non c’è
mai nulla di naturale, nulla di realistico: i gusti e le pratiche
sessuali non sono piegati alla legge biologica dell’istinto ma appaiono
sempre devianti, strambi, simili a dei collage surrealisti.
La
vera perversione non si manifesta dunque nelle pratiche sessuali fuori
norma anche perché è la sessualità umana come tale a essere
“normalmente” perversa. Né si manifesta nella spinta a trasgredire la
Legge perché nella trasgressione della Legge c’è già una qualche forma
di riconoscimento del valore simbolico della Legge. Ne è una prova il
senso di colpa che accompagna solitamente ogni atto trasgressivo.
Nell’Epistola ai Romani Paolo di Tarso ha messo bene in evidenza il
nesso che lega la Legge al peccato. Solo se esiste una Legge può
esistere anche il senso della sua trasgressione, ovvero il senso del
peccato. È questa la dimensione della perversione che accompagna
ordinariamente il desiderio umano, il quale può intensificarsi e
inebriarsi grazie all’esistenza di un limite e al brivido provocato dal
suo oltrepassamento trasgressivo.
Lo insegna anche il mito biblico
di Genesi: è l’interdizione dell’oggetto (il frutto dell’albero della
conoscenza) che lo rende un oggetto di desiderio. Più si rende un
oggetto qualsiasi proibito e inaccessibile, più si alimenta il suo
desiderio. Questa spinta del desiderio a superare il limite della Legge,
non definisce però ancora la vera perversione. Per intenderne davvero
il significato bisogna abbandonare la dialettica tra Legge e desiderio
sul quale si fonda l’iscrizione simbolica del tabù. Il vero perverso,
infatti, vuole distruggere ogni tabù, cioè vuole liberare il desiderio
da ogni forma di Legge, vuole sfidare la Legge degli uomini nel nome di
un’altra Legge. È quello che Lacan vede incarnarsi nell’opera libertina
del marchese De Sade. Questi non si accontenta della versione paolina
della Legge e della sua trasgressione. Questa nuova Legge con la quale
il vero perverso pretende di smascherare la Legge degli uomini come
un’impostura, una maschera, un artifizio ipocrita è la Legge del
godimento. Essa non trova posto nei Codici, ma è per Sade iscritta nella
Natura.
È il fondamento vitalistico che anima il sogno del
perverso: seguire la Legge della Natura per raggiungere un godimento
puro, non ancora corrotto dal linguaggio. Per questo la pedofilia è una
delle espressioni più forti e inquietanti della perversione: godere
dell’innocente significa ricuperare un godimento pieno, assoluto, non
ancora contaminato dall’esistenza della Legge. Nessun tabù, compreso
quello dell’incesto, deve ostacolare questo dispiegamento onnipotente e
cinico del godimento. Il disegno politico della perversione si chiarisce
così come lo sforzo inumano di liberare le leggi della Natura dalle
catene repressive delle Leggi della Cultura per riportare l’uomo al suo
fondamento materialistico, vitalistico, come spiega pedagogicamente M.me
Saint-Ange alla sua giovane depravata discepola Eugénie ne La filosofia
nel boudoir: «Spezza le tue catene a qualunque costo, disprezza le vane
rimostranze di una madre imbecille, a cui non devi che odio e
disprezzo. Se tuo padre ti desidera, concediti: goda di te, ma senza
incatenarti; spezza il giogo se vuole asservirti… Fotti, insomma, fotti:
è per questo che sei al mondo. Nessun limite ai tuoi piaceri se non
quelli delle tue forze o delle tue volontà».
Il teatro perverso di
Sade, le giovani donne straziate, degradate, seviziate, umiliate dai
loro carnefici, non ha altro fine che questo: riportare il godimento
alla sua Origine, liberandolo definitivamente da ogni mancanza. Il
richiamo alla Legge della Natura avviene così contro la Legge degli
uomini, falsa e corrotta. Il vero crimine non è, infatti, quello del
libertino, ma quello della Legge che osa imporre dei limiti al
godimento; il vero crimine non è quello sadiano, ma quello dell’uomo
falsamente morale che non rispetta le leggi della Natura. Sade ci
costringe a invertire il punto di vista morale della distinzione tra
Bene e Male, tra Virtù e Vizio. Il vero peccato non è quello del
libertino — il Vizio — ma quello della morale — la Virtù — che nega i
desideri “naturali” che costituiscono l’essere umano. La Legge degli
uomini è vista come un serpente o una vipera velenosa dalla quale
bisogna difendersi. Essa impone sacrifici, limiti, soglie simboliche
inutili che mutilano la spinta auto-affermativa di godimento della vita.
In questo il marchese de Sade anticipa una svolta epocale in corso del
nostro tempo dove i suoi proseliti si moltiplicano mostrando che la
Legge degli uomini è solo una maschera artefatta della sola Legge che
conta: l’affermazione incontrastata della propria volontà di godimento.