Repubblica 3.3.16
L’altra America di Trump che fa paura a Hillary
di Alexander Stille
L’INIMMAGINABILE
comincia a sembrare l’inevitabile. Un anno fa Donald Trump pareva un
buffone, un palazzinaro newyorkese con il parrucchino che andava in giro
sostenendo la teoria assurda che Barack Obama non fosse nato negli Usa e
quindi non era il presidente legittimo. Lo si guardava tra il divertito
e l’inorridito mentre saliva nei sondaggi dicendo e facendo cose ancora
più stravaganti: arrestare ed espellere 11 milioni di immigrati
clandestini, costruire un enorme muro tra gli Usa e il Messico (e
costringere il Messico a pagarlo), bloccare l’immigrazione ai musulmani.
Ma con le vittorie in sette stati diversi nelle primarie di ieri (il
cosiddetto “Super-martedì”) Trump emerge come il candidato decisamente
più forte per la nomination repubblicana. E un candidato temibile per la
presidenza. Anche se Hillary Clinton sembra aver ristabilito la presa
sulla nomination del Partito democratico, la forza sorprendente della
sfida di Bernie Sanders, un sedicente socialista eletto al Senato come
candidato indipendente, ha fatto capire che il malcontento nel Paese è
molto forte. Se pensate che fino a poco tempo fa né Trump né Sanders
erano membri dei loro rispettivi partiti si capisce che i partiti
tradizionali sono in crisi e le vecchie regole della politica non
valgono più.
Seppur partendo da poli opposti, Trump e Sanders
hanno toccato alcuni tasti comuni: la scomparsa della classe media,
l’impoverimento dei lavoratori più deboli, l’impotenza nei confronti
della politica tradizionale. È significativo che sia Sanders sia Trump
si oppongano ai grandi trattati commerciali come il Nafta (Accordo
nordamericano per il libero scambio) e il Tpp (Partenariato
Trans-Pacifico). Può darsi che gli economisti abbiano ragione sostenendo
che a lungo termine staremo tutti meglio grazie al commercio più
libero. Sta di fatto, però, che gli Stati Uniti hanno perso oltre 7
milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero. Un trend negativo
che è cresciuto proprio in questi ultimi anni.
Con l’erosione
dell’industria tradizionale è scomparso un modello di vita, la capacità
di un operaio di mantenere la propria famiglia. La percentuale dei
lavoratori sindacalizzati è scesa a poco più del dieci per cento. Lo
stipendio medio di un lavoratore senza laurea è addirittura diminuito
del venti per cento dal 1990 al 2013, secondo uno studio della Brookings
Institution. Le famiglie si sono salvate solo grazie all’entrata in
massa delle donne nella forza lavoro, ma ciò ha comportato ulteriore
stress nelle coppie, costrette a orari diversi ed esposte molto di più,
come dimostrano le statistiche, al rischio divorzio. Uno studio recente
ha rivelato un crescente tasso di mortalità per gli uomini bianchi senza
laurea tra i 45 e 54 anni. Mentre tutte le altre categorie – donne,
uomini neri e ispanici – continuano a vivere più a lungo, il bianco
della classe operaia muore sempre più presto. Le cause principali sono
suicidio, alcolismo, droga. Non si registrava un simile calo di
longevità dal crollo dell’Unione Sovietica, evento che spianò la strada a
un altro uomo forte, Vladimir Putin. La popolarità di Trump è
particolarmente forte proprio in questa fascia dell’elettorato, gli
uomini bianchi senza laurea. Mentre i sostenitori di Bernie Sanders sono
i giovani che stanno entrando in un mondo del lavoro sempre meno
sicuro.
Le élite di tutti e due partiti hanno appoggiato i
trattati commerciali e l’immigrazione, per ragioni diverse. I
repubblicani perché i poteri forti hanno beneficiato della possibilità
di vendere più facilmente all’estero, di spostare fabbriche o produzione
in paesi più poveri. I consumatori americani hanno beneficiato di
prodotti a basso costo e un mercato del lavoro più aperto ha dato la
possibilità di una nuova vita a decine di milioni di immigrati,
penalizzando però i lavoratori nati sul suolo americano. Il partito
democratico ha perso molto di questo elettorato, in parte perché è stato
più interessato al progresso di certi gruppi tradizionalmente
svantaggiati – i neri, le donne, gli ispanici – ma anche dei ceti medi-
alti urbani che hanno goduto dei vantaggi di un mondo globalizzato.
La
verità è che le questioni sollevate da Trump sono reali, anche se molte
delle sue soluzioni sono fasulle. È difficile infatti comprendere come
un altro grande taglio alle tasse (il fulcro del programma economico di
Trump) destinato soprattutto ai più ricchi possa risolvere i problemi
della classe operaia. È il partito repubblicano che ha fatto la guerra –
e fa la guerra – al diritto alla sindacalizzazione e ai salari minimi. È
il partito repubblicano che ha messo in tasca ai più ricchi migliaia di
miliardi in tagli fiscali e ha dato via libera al diritto quasi
illimitato per le grandi corporazioni di sovvenzionare i politici. Ma se
i partiti tradizionali – soprattutto quello democratico – non
prenderanno sul serio le cause profonde del malcontento americano, a
novembre potremmo avere delle brutte sorprese. Non solo per gli Stati
Uniti.