Repubblica 3.3.16
Le adozioni e l’interesse del bambino
di Chiara Saraceno
NEL
dibattito che si è avviato sulla riforma della legge sull’adozione si
mescolano motivazioni e obiettivi diversi. Essi andrebbero esplicitati e
tenuti distinti, a partire da una premessa importante: la legge
italiana è una buona legge, anzi una delle migliori per quanto riguarda
le garanzie che offre nella selezione dei potenziali genitori adottivi e
nell’abbinamento tra questi e il bambino da adottare. Certo, le
procedure sono lunghe e spesso sono rese ancora più lunghe dal ritardo —
per negligenza, o più spesso per sovraccarico del personale interessato
— con cui vengono effettuati i singoli passaggi.
Gli assistenti
sociali e gli psicologi che svolgono i colloqui possono essere più o
meno simpatici e preparati. Ma in generale l’obiettivo è garantire che
gli aspiranti genitori adottivi siano consapevoli delle difficoltà che
incontreranno con i figli adottivi, in parte simili, ma in parte
specifiche. Nessun fai da te lasciato alla libera iniziativa di
aspiranti genitori adottivi e agenzie private, come avviene, ad esempio,
negli Stati Uniti. Perché, nonostante ogni fantasia di “nuova nascita”,
i figli adottivi e i loro genitori dovranno sempre fare i conti con il
perché di questa seconda nascita. Anzi, se c’è un limite nella attuale
legge sull’adozione, è che l’adozione non viene accompagnata abbastanza
dopo, non solo prima, essere avvenuta.
Un secondo limite, a mio
parere, è la limitazione dell’adozione legittimante alle coppie (di
sesso diverso) sposate, con l’esclusione dei conviventi, dei single e
delle coppie dello stesso sesso. Se un tempo questa restrizione poteva
avere un fondamento nel fatto che si riferiva alla modalità prevalente
di essere genitori, oggi non è più così. Anche chi si sposa e ha figli,
anche adottivi, può divorziare. Anche chi convive ha rapporti duraturi
ed ha figli. Molti genitori, per lo più madri, tirano su i figli da
soli. Ciò che interessa è la capacità genitoriale, che non è né
garantita né particolarmente concentrata tra chi si sposa e neppure
determinata dall’orientamento sessuale. Proprio l’attenzione e le
procedure richieste dall’attuale legge consentono di verificare se ci
sia questa capacità, a prescindere dallo
status legale degli aspiranti genitori.
Chi
pensa che se ci fossero meno “pastoie burocratiche” ci sarebbero più
adozioni nazionali e internazionali è bene che si ricreda. È vero che ci
sono molti, troppi, minori in istituto. Ma non tutti sono formalmente
adottabili, perché hanno parenti, anche un genitore, anche se non
possono tenerli con sé. Occorrerebbe non adottare questi bambini, ma
aiutare i loro genitori e parenti ad accoglierli, o favorire l’affido, o
ancora una forma di adozione leggera, che non interrompa i rapporti con
la famiglia di origine. Altri minori, che sarebbero adottabili, non
vengono adottati per mancanza di genitori disponibili. Perché sono
troppo grandi, con esperienze negative alle spalle, quindi
inevitabilmente più difficili da integrare in una famiglia, o perché
disabili. Adottare questi minori richiede una disponibilità e una
capacità non comune, oltre che il sostegno di servizi adeguati.
Infine,
non va dimenticato che l’adozione internazionale è diventata più
difficile non solo perché costosa, ma perché i Paesi sono diventati più
attenti e protettivi rispetto ai propri bambini più vulnerabili,
privilegiando adozioni o affidamenti autoctoni, che non costringano i
bambini ad emigrare per avere una famiglia. Alcuni hanno anche chiuso le
porte all’adozione internazionale a genitori di Paesi che consentono
l’adozione alle coppie dello stesso sesso. È una scelta che si può
discutere, di cui si possono rilevare le contraddizioni con altre norme
(la Russia, ad esempio, che è uno di questi Paesi, consente la
gestazione per altri, anche stranieri). Ma è una scelta di cui occorre
tenere conto. Ad esempio, l’Olanda dei matrimoni dello stesso sesso
consente a queste coppie solo l’adozione nazionale, per rispettare le
scelte di Paesi culturalmente diversi su questo punto.
In altre
parole, l’adozione non è, non può essere, solo l’esito di scelte
individuali anche motivate da generosità e disponibilità
all’accoglienza. È un processo che avviene in società, regolato da norme
insieme culturali e legali, ancorché modificabili per adeguarsi ai
mutamenti culturali rispetto a ciò che è una famiglia e a chi può essere
genitore. Dove l’interesse prioritario è quello del bambino ad avere il
migliore possibile, per lui o lei, contesto di accoglienza e crescita,
per quanto imperfetto — come sono tutte le famiglie e tutti i genitori.