Repubblica 31.3.16
L’amore molesto al tempo dei social
Una donna spia l’ex grazie alle tecnologie. Il nuovo romanzo di Elena Stancanelli
Da
Facebook al “cloud”, tutto alimenta l’ossessione e la gelosia della
protagonista Ci sono anche riflessioni sul tempo che passa e sui corpi
che inevitabilmente invecchiano
di Concita De Gregorio
Conosco
molto bene una persona a cui è successo quello che accade a Anna, la
protagonista di “La femmina nuda”. Di solito si dice «conosco una che»
quando non si riesce a dire è successo anche a me ma no, non è questo il
caso. Almeno non ancora, potrebbe forse ma finora no. E comunque non è
(non sarebbe) interessante
stabilire se e quante volte quello che
sta scritto in un romanzo accada anche nella realtà, “tratto da una
storia vera” è un’esca stucchevole, la letteratura è una cosa la cronaca
un’altra, lo so lo so, già sento le voci, il compito, il valore
universale della letteratura per quanto anche Anna Karenina, alla fine.
La vita è all’origine di ogni cosa. Persino un ritaglio di giornale.
Dicevo certo, non basta a stabilire il calibro di una pagina scritta
riconoscere o riconoscersi nelle intenzioni e nei gesti di un
personaggio letterario, sebbene sia quello che ogni lettore fa. E però
mentre leggevo questo romanzo e non riuscivo a staccarmene continuavo a
pensare a quella persona che conosco, alla sua ossessione di restare
dentro la vita di un altro, che aveva amato e che amava, ai modi in cui
l’aveva spiato violando le sue parole chiave su Facebook, seguendo i
suoi movimenti attraverso la trappola della Nuvola, che anche quando la
vita in comune finisce lei resta, l’orrenda Nuvola. Alla quantità di ore
che aveva speso – quella persona – a seguire di nascosto,
vergognandosene, le chat dell’altro aperte di nascosto: qualcosa di
osceno e inevitabile, di putrido ed eroico nell’ostinazione a
distruggere, fino ad ammalarsene. L’autopsia di un corpo vivo. L’esame
dell’anatomopatologo su un cuore che pulsa, però altrove. Mi chiedevo se
avessi già letto qualcosa su questa nuova malattia dell’amore, su come
“Trova il mio iPhone” possa diventare il precipizio in cui si inabissa
la salute, l’intelligenza, il lavoro, ogni altro tipo di esperienza
vitale, tutto e no, non mi ricordo di aver mai letto niente: almeno non
di così preciso, così vero, così esagerato e dunque autentico.
Quindi
questo, in principio. Il romanzo di Elena Stancanelli (la Nave di
Teseo, casa editrice di Elisabetta Sgarbi, lo candida al premio Strega
presentato da Francesco Piccolo e Silvia Ronchey) entra diritto nel
mondo dell’amore ai tempi dello smartphone. Che è brutto detto così, ma
molto di quello che ci accade è brutto, e però accade. A tantissimi,
forse a tutti. Ed è vero che ogni storia è unica e ogni amore è diverso e
anche ogni tradimento lo è, e ogni ragione per farlo, e niente somiglia
a niente altro davvero perché no, non è tutto uguale. Non sono, non
siamo tutti uguali. Però è vero che c’è una nuova grandiosa possibilità
di distruggere e autodistruggersi, a disposizione, ed è lì: col telefono
in mano, ciascuno lo sa, si può sabotare l’esistenza di chiunque, prima
di tutto la propria. Anna, la femmina nuda, scopre che Davide la
tradisce. Lo scopre perché lui non riattacca il telefono, lei lo sente
parlare delle altre. Molte altre. Vivono insieme da cinque anni, «fase
in cui è cruciale evitare gli scontri». Succedono cose. Minuetti, storie
di coppia. Lui, di una delle altre, si innamora. Una che ha un cane che
si chiama Cane. Una qualsiasi, cliente dell’officina di Davide. Una di
Roma Nord, che vuol dire case col videocitofono e telecomandi. Anna, non
vorrebbe ma lo fa, comincia a spiarlo. Conosce le sue password, lui le
cambia e lei indovina le nuove. Entra nelle sue chat. Segue la pallina
blu dell’applicazione che gli aveva scaricato sul telefono, e che in
ogni istante le dice lui dove si trovi. Capisce dove abita Cane, dalla
frequenza delle visite della pallina a quell’indirizzo. Studia le soste,
i tempi. Immagina cosa accade in quei tempi. Si apposta, infine: la
cerca, la riconosce. La trova. Ha un negozio, ci entra. Il corpo vivo,
la voce, gli occhi: Cane non è più un punto blu sul telefono, ora è lì.
Può parlarle. Può diventare sua amica, se così si può dire. Spiare le
tracce di lui su di lei.
Di tutto questo Anna, nel libro, racconta
a Valentina: «Sappi che ascoltandomi, sera dopo sera, mi hai salvato la
vita ». Anche se non riuscivo, non potevo dirti quello che mi succedeva
davvero. Perché me ne vergognavo troppo, troppo. Ma te lo racconto,
adesso, «perché anche queste storie accadono ». Accadono, sì. Da quando i
corpi sostituiscono i telefoni e gli schermi, nella seconda parte del
romanzo, tutto cambia dimensione e prospettiva. Si allontana, si
avvicina. Si deforma, torna carne e sangue come in origine. Chi ricorda
Benzina, il romanzo d’esordio, ritroverà una nota. Ma solo un’eco,
perché qui si parla del tempo che da allora è passato e del corpo che
invecchia, anche. «Adesso mi piacciono tutti. Ho una grande pietà e
rispetto dei corpi. Di qualunque forma siano, per quanta strada abbiano
fatto». Infine, questo. Il sesso, una possibilità per tenersi, esistere,
restare in contatto. Per sentirsi e sentire. «Il corpo scarta. Si
ammala, ti molla in mezzo alla strada, ti stordisce. Ma a volte, senza
che tu te ne accorga, ti porta in salvo, lontanissimo ». Di amore vorrei
non occuparmi più, dice Anna. I corpi, da soli, bastano a dire tutto
quel che c’è da dire. E non è che questa storia voglia «dimostrare
niente, perché non ho imparato niente». Semplicemente, tutto questo,
succede. Qualcuno guarisce, qualcun altro si fa male. Qualcuno riesce a
raccontarlo.
* IL LIBRO La femmina nuda di Elena Stancanelli ( La nave di Teseo pagg. 156, euro 17)