Repubblica 31.3.16
Il Viminale.
“L’onda d’urto rischia di travolgerci, pronti a utilizzare caserme e tendopoli”
Gli sbarchi in Italia raddoppiati in un anno ieri salvati 2.800 migranti “Arriveremo a 270mila”
A partire dal 20 marzo il flusso verso le nostre coste ha superato quello della Grecia
Quasi 110 mila persone nelle strutture di accoglienza. “I centri vicini al collasso”
di Vladimiro Polchi
ROMA.
 «L’onda rischia di travolgerci. La rete dei centri d’accoglienza non 
reggerà. Servono caserme e tendopoli. Ci vuole un piano nazionale 
anticrisi». Al Viminale gira un numero che fa paura: 270mila. Tanti 
potrebbero essere i migranti pronti ad approdare sulle coste italiane 
nel 2016. I primi mesi dell’anno segnano già un record: 80% di arrivi in
 più rispetto al 2015. Non solo. C’è un’inversione di tendenza che 
allarma: dal 20 marzo, giorno dell’accordo Ue-Turchia, gli sbarchi in 
Italia hanno sorpassato quelli sulle coste greche.
Nelle ultime 
ore il “contatore” degli arrivi è parso impazzire: solo ieri sono stati 
2.800 i migranti soccorsi nel canale di Sicilia. E stando al ministro 
degli Esteri, Paolo Gentiloni, l’Italia ha salvato 3.700 rifugiati nel 
Mediterraneo negli ultimi cinque giorni. «Aumentano i flussi e le 
nazionalità in viaggio — conferma Carlotta Sami, portavoce per il Sud 
Europa dell’Unhcr — tra le oltre 400 persone a bordo degli ultimi due 
barconi di 18 metri in arrivo dall’Egitto ci sono yemeniti, etiopi, 
somali, eritrei nigeriani, sud sudanesi, egiziani. La situazione è 
preoccupante». Di più: i numeri del ministero dell’Interno sono 
impressionanti. I migranti sbarcati dal 1 gennaio al 30 marzo 2016 sono 
stati 18.234, rispetto ai 10.165 dello stesso periodo del 2015 e ai 
10.965 del 2014. Insomma, un’impennata dell’80%. E così se il 2015 aveva
 registrato una lieve flessione negli sbarchi (153mila rispetto ai 
170mila del 2014), il 2016 comincia con un’ondata record. E ancora: 
2.378 sono stati i fermati alle frontiere terrestri quest’anno, per lo 
più pachistani e afgani.
Chi è che sbarca sulle nostre coste? 
Stando ai numeri del Viminale, nel 2016 in testa ci sono i flussi dalla 
Nigeria (2.426), seguiti dai migranti provenienti da Gambia (1.948) e 
Senegal (1.373). I primi tre porti d’arrivo sono quelli di Pozzallo 
(4.074), Augusta (3.043), Lampedusa (2.695). Moltissimi i minori in 
arrivo, soprattutto egiziani: già 1.434 al 24 marzo di quest’anno.
Quello
 che stupisce è il crollo degli arrivi via mare in Grecia: se nel 2016 
si contano già 149mila sbarchi sulle coste elleniche, dopo l’accordo tra
 Ue e Ankara (in vigore dal 20 marzo) il flusso si è ridotto a poche 
centinaia. Facendo segnare il sorpasso dell’Italia come meta degli 
sbarchi negli ultimi giorni. Il timore è dunque che la chiusura della 
rotta balcanica, con la Turchia a far da gendarme della frontiera 
europea, rischi di far esplodere la “Central Mediterranean route”: 
quella via mare che da Libia e Nord Africa approda in Italia. Mentre 
l’altra rotta possibile di sfogo, quella tra Albania e Puglia, non pare 
ancora aprirsi. «Il collegamento tra la chiusura della rotta balcanica e
 l’esplosione di quella mediterranea verso l’Italia non è ancora 
dimostrabile — avverte però Carlotta Sami — la prova ci sarà solo quando
 vedremo sui barconi diretti in Sicilia masse di siriani».
Altro 
fronte quello dell’accoglienza: sono ben 109.320 i migranti ospitati in 
Italia al 30 marzo 2016. Tra le regioni, in testa resta la Lombardia con
 oltre 14mila presenze, seguono Sicilia (oltre 12mila) e Lazio (oltre 
8mila). In fondo alla coda non si schiodano Basilicata e Valle d’Aosta. 
«Ma se prosegue questa tendenza di arrivi — ammettono dal Viminale — la 
rete non reggerà. Già ora siamo al completo. Presto ci sarà un tavolo di
 crisi al ministero. In estate forse arriveremo alle tendopoli e alle 
caserme». Per l’Italia è una doppia sfida: «Sul piano dell’accoglienza 
dei profughi bisogna far lavorare a pieno regime le commissioni per 
l’asilo — sostiene la Sami — mentre per quanto riguarda i tanti migranti
 economici bisogna accelerare i rimpatri».
 
