La Stampa 31.3.16
Immigrati, dal mare l’80% in più
Tra 
questo primo trimestre e quello del 2015 c’è una differenza di oltre 
18mila persone Previsti trecentomila arrivi entro fine anno. Il 
Viminale: decisive le prossime settimane
di Guido Ruotolo
Se
 fossero confermate le percentuali di questo primo trimestre, a fine 
anno potremmo arrivare a trecentomila sbarchi, o poco meno. Siamo 
infatti già all’80% in più rispetto all’anno scorso: 18.234 migranti 
sbarcati dal primo gennaio al 30 marzo, rispetto ai 10.165 dello stesso 
periodo del 2015.
Sono salpati dalla Libia, in gran parte (in 
minima parte dall’Egitto, Tunisia e Algeria). Sono dei paesi della 
fascia sub-sahariana e del Corno d’Africa: Nigeria, Gambia, Senegal, 
Costa d’Avorio, Mali, Guinea. E ancora: Somalia, Marocco, Eritrea e 
Sudan. E’ un’avanguardia di quell’ esercito di migranti “arcobaleno” 
spinto ad attraversare il Canale di Sicilia per scappare dalle guerre 
etniche, di religione, dalle violenze, dalla povertà.
«Questi 
numeri - spiega una fonte del Viminale - sono un segnale fortemente 
allarmante rispetto al quale bisognerà capire cosa ci riserveranno le 
prossime settimane. Potremmo trovarci davvero in difficoltà se 
continueranno ad arrivare migliaia di migranti».
Il timore
La
 rete dell’accoglienza rischia di trasformarsi in un nervo scoperto. 
Negli ultimi tre anni abbiamo quintuplicato i posti, passando dai 22.118
 del 2013 ai 103.792 del 2015. Oggi siamo già a 108.199. La saturazione 
sta raggiungendo livelli significativi. E bisogna tener conto del 
riequilibrio portato avanti dal Viminale in questi ultimi due anni a 
livello territoriale, tra le regioni del sud e quelle del nord. Oggi è 
la Lombardia la prima regione per numero di migranti accolti (13%), 
seguita dalla Sicilia (11%). Chiude la classifica la Val d’Aosta con lo 
0,2%.
Preoccupa questo aumento di sbarchi per due ordini di 
problemi: il primo è che avvengono in piena campagna elettorale 
amministrativa (probabilmente si voterà il 5 giugno prossimo). E il tema
 dell’immigrazione e della gestione della paura per il diverso (per 
giunta possibile terrorista) viene gestito dalla politica. Il secondo è 
più generale, perché l’Italia rischia di trasformarsi in un collo di 
bottiglia. Questa volta ben tappato.
La regola
Nei fatti, 
fino all’anno scorso, c’era stata una regola non scritta che portava 
alla non applicazione di Schengen, con i migranti, soprattutto i 
rifugiati, che riuscivano facilmente a raggiungere i Paesi del centro e 
del nord Europa, evitando di far registrare le proprie generalità e 
impronte digitali. Oggi questo non è più possibile. L’Unione Europea ha 
imposto regole ferree. Alcuni paesi hanno addirittura chiuso le 
frontiere e alzato muri.
L’unica iniziativa comune è stata quella 
che ha portato all’accordo della Ue con la Turchia, che ancora oggi 
stenta a decollare. Cioè con un paese di transito. Il Viminale accende i
 riflettori su un altro tema che la Ue non ha preso di petto: il 
rapporto con i Paesi di origine dei flussi migratori, in particolare con
 i paesi dell’Africa. E’ vero che a novembre, nel vertice di Malta, la 
Ue ha preso degli impegni in questa direzione, ma finora nulla è stato 
fatto.
E ora l’Italia rischia di ritrovarsi da sola a dovere 
nuovamente fronteggiare flussi migratori dalla Libia e dal Nord Africa. 
Le diverse missioni europee e alleate funzionano: dal pattugliamento dei
 confini marittimi a quelle di contrasto ai trafficanti di clandestini. I
 bollettini della Guardia costiera raccontano di nuovo di salvataggi e 
soccorsi quotidiani di migliaia di migranti. Solo ieri, 400 migranti 
sono sbarcati da un peschereccio egiziano (70 i minorenni). Le 
statistiche raccontano che l’anno scorso arrivarono 12.360 minori non 
accompagnati, 13.026 l’anno prima. Numeri che rischiano di aumentare 
mentre la rete dell’accoglienza potrebbe entrare in crisi. Saranno 
decisive le prossime settimane per capire se si ridurrà il trend degli 
sbarchi, o se davvero siamo di fronte a una nuova ondata massiccia di 
arrivi dall’Africa del Nord.
 
