mercoledì 30 marzo 2016

Repubblica 30.3.16
Salvini sbarca in Israele “Il mio modello”
Il leader leghista a Gerusalemme scarica CasaPound: “Nessun contatto con loro”
di Alessandra Longo

GERUSALEMME. Volo El Al LY386. Matteo Salvini è in viaggio verso Israele, la prima volta in veste ufficiale. Grande eccitazione nella squadra che si porta dietro, i due vicesegretari federali Giorgetti e Fontana, il capogruppo della Lega in commissione Esteri Gianluca Pini. Una missione saltata nel dicembre scorso e riproposta oggi. Perché Salvini ci tiene molto ad Israele, al suo «modello di convivenza nel rispetto dell’ordine e della legalità» e perché Israele dimostra di voler conoscere questo quarantenne che parla il linguaggio dei falchi al governo. L’agenda degli incontri l’ha preparata in un mese Pini che ha scelto incontri con membri della Knesset dal curriculum solido in materia di intelligence, sicurezza, strategia anti-terrorismo.
Salvini ha le loro biografie ma in aereo legge Diabolik. Non indossa la felpa, ma una giacca nuova cui è rimasta l’imbastitura sul fondo (lo nota un passeggero) e ironizza sul suo inglese scarso: «Lo parlo come Renzi...». Il primo appuntamento a Gerusalemme dura un’ora ed è musica per le orecchie leghiste. Tzachi Hanegbi, da giovane un parà, è il presidente della commissione Esteri e Difesa del Parlamento israeliano ma è stato ministro della Giustizia, dell’Interno, supervisor delle politiche di intelligence a stretto contatto con Mossad e Shin Bet. Salvini e i suoi si sentono a casa quando dice che «Putin è un uomo geniale, che in Libia bisogna andare a sporcarsi le mani subito anche via terra, che l’Europa sta perdendo tempo con la sua politica antiterrore». Esulta Salvini. Dal canto suo, Hanegbi ricambia: «Ringrazio la Lega Nord di essere qui».
Sintonia umana e politica. L’attuale governo guidato da Netanyahu è in assoluto il più a destra degli ultimi 40 anni e sopravvive con un solo voto di maggioranza, appeso al contributo di partiti ultraortodossi. A Salvini si guarda con interesse, il centrodestra è scoperto e «loro – dice il leader della Lega – vogliono ampliare l’orizzonte». Naturalmente non bisogna frequentare cattive compagnie e così, in Italia, è meglio tenersi alla larga dai camerati di Casa Pound: «E’ da febbraio dell’anno scorso che non abbiamo più contatti con loro», assicura Salvini, amico di Israele. Al secondo incontro, con Ayoub Kara, deputato druso, la musica di violino sale di tono. Kara è un altro che, visti gli interlocutori, non si perde in convenevoli: «L’Europa ha commesso un grave errore, che pagherà nei prossimi anni, ad accettare i rifugiati. Se l’Unione Europea sostenesse Israele farebbe del bene a se stessa».
Seduti a cerchio nell’ufficio di Kara, i leghisti atterrati a Gerusalemme, sorridono soddisfatti. Pini, il più anglofono, commenta: «Noi siamo assolutamente d’accordo su tutta la linea». Questione di pelle. Kara è un sostenitore di Moshe Feiglin, detto «il profeta della furia», uno che dice cose del tipo: «Non puoi insegnare a una scimmia a parlare e a un arabo ad essere democratico».
Ma questo forse Salvini non lo sa. Il suo nuovo ruolo di aspirante leader del centrodestra accreditato all’estero lo entusiasma. Prossima tappa, annuncia, gli Stati Uniti e forse un Giappone di mezzo. Ci sono passati tutti, i candidati statisti, nel circuito dei viaggi ai raggi x, dove ti fanno gli esami del sangue per capire che tipo sei e se possono contare su di te. Il druso Kara affida a Salvini un messaggio: «L’Italia deve spingere l’Arabia Saudita ad avvicinarsi ad Israele...». Funzione anti Iran, roba di alta politica. E Salvini, ormai entrato nel ruolo, non si permette una sbavatura. Ha una felpa contro la Fornero in valigia, non sa se la metterà. La sera, cena offerta dall’ambasciatore in un ristorante.
Oggi incontro con il custode di Terra Santa, Padre Pizzaballa e con il Nunzio Apostolico, monsignor Lazzarotto, alto esponente della Santa Sede, un’altra prima volta per Salvini.