Repubblica 2.3.16
Se Anish Kapoor compra i diritti del “nero perfetto”
Il maestro anglo-indiano sarà l’unico a poter utilizzare il Vantablack
Ma è polemica nel mondo dell’arte
di Dario Pappalardo
L’arte
è stata per secoli una questione di chimica. Il pittore da solo
mescolava pigmenti, faceva esperienza dell’incompatibilità tra gli
elementi fino a ottenere i risultati di colore sperati. Sbagliava a suo
rischio e pericolo: L’Ultima Cena di Leonardo porta ancora i segni di un
esperimento tecnico riuscito solo in parte. Cinquecento anni fa, a
Venezia, Tiziano “scopriva” il suo rosso fondendo insieme terra di Siena
bruciata, ocra rossa e gialla con aggiunta di nero per regolare
l’intensità. Un secolo dopo, Rembrandt realizzava l’effetto ruggine
delle sue tele da complicate miscele a base di una mezza dozzina di
pigmenti. E, in tempi e modalità diverse, Turner, Goya, Manet, Malevic e
Rothko hanno inseguito il miraggio del nero perfetto.
Oggi, Anish
Kapoor il suo nero lo ha comprato dai ricercatori e scienziati della
compagnia britannica Surrey NanoSystems, che nel 2014 ha scoperto il
Vantablack, una sostanza composta da nanotubi di carbonio in grado di
assorbire fino al 99,965 per cento delle radiazioni luminose. È stata
già utilizzata dalla Nasa e in campo militare per i jet stealth che
devono rendersi non intercettabili ai radar nemici. È più nero
dell’”oltrenero” del pittore francese Pierre Soulages (1919) e dei Black
Squares del minimalista americano Ad Reinhartdt (1913-1967).
La
Surrey NanoSystems, prima azienda a produrre in massa il Vantablack, ha
confermato di averne ceduto i diritti di utilizzo al solo Kapoor. Non si
sa quale cifra sia stata pagata, però. L’artista anglo-indiano (Mumbai,
1954) da sempre gioca con gli effetti ottici, con gli specchi e con il
nero: un’opera come Descent Into Limbo è un cerchio sul pavimento che
all’occhio di chi guarda appare come un voragine scura, un black hole.
Il vincitore del Turner Prize non commenta l’acquisto del nero perfetto,
ma se ne era detto entusiasta in un’intervista alla Bbc: «È così nero
che quasi non si vede: ha una qualità fuori dal comune. Immagina uno
spazio così scuro da farti perdere il senso del tempo e di chi sei, se
lo attraversi. Ecco, l’effetto è questo: nel disorientamento che nasce
dalla perdita di coscienza dello spazio, l’uomo deve attaccarsi a
qualcos’altro, deve fare leva su qualcosa che non conosce della propria
interiorità ». L’opera al nero di Kapoor nascerà con queste premesse. Ma
è corretto che un colore possa essere utilizzato da un unico artista?
Qualcuno già promette battaglia.
L’inglese Christian Furr (1966),
il più giovane pittore convocato dalla Regina Elisabetta II per
realizzare un ritratto, vorrebbe usare il Vantablack per una nuova serie
di dipinti, Animals. Tutto bloccato, per ora. E il ritrattista di sua
maestà si è sfogato con il Daily Mail: «Non si è mai sentito che un
artista possa detenere il monopolio su un materiale. Questo nero è
dinamite per il mondo dell’arte. Dovremmo poterlo utilizzare tutti».
Per
un nero conteso, c’è un blu che da oltre mezzo secolo non è stato mai
più toccato. L’International Klein Blu, composto da blu oltremare 1311
con una resina polivilinica è scomparso all’improvviso, nel 1962, con il
suo autore Yves.