mercoledì 2 marzo 2016

Il Fatto 2.3.16
Nichi Vendola e compagno in fila all’outlet della vita
di Oliviero Beha

Potremmo limitarci a festeggiare la nascita di Tobia Antonio, il figlio neonato di Nichi Vendola e del suo compagno Eddy, che ne sarebbe il padre biologico alle prese con la madre surrogata, dicendo solo che una nascita è pur sempre un miracolo della vita: messa così è vero, nella sua normale straordinarietà. Oppure potremmo, con Giampiero Mughini, stigmatizzare la violenza e la volgarità con cui soprattutto sui social da due giorni si è sghignazzato su una vicenda delicatissima che ci tocca tutti. Indubbio, il web è anche uno sfiatatoio di pancia, fegato e parti basse. Oppure ancora potremmo circoscrivere politicamente la venuta al mondo del piccolo al genitore famoso (padre o madre che si ritenga), alla sua figura pubblica e al frangente in cui è avvenuto questo parto per procura. Non sarà magari il caso della persona sbagliata nel momento sbagliato, per cui in tempi di discussione parlamentare e mediatica forsennata, tra un principio di coscienza e un fine di strumentalizzazione presumo come sempre elettoralistica, la paternità di Nichi finisce come deterrente nell’imbuto della questione stepchild? E Alfano e i suoi seguaci, nemici “del contro-natura” alla Giovanardi, non si stanno lanciando sull’eco di Vendola anche contro le adozioni da parte dei gay? E davvero staremmo assistendo allo “scontro di civiltà” tra progresso scientifico e normalizzazione “naturale”, magari con interessi di altro tipo che rimandano sempre in un’insincerità commovente alla politica politicante, al potere e al denaro, scontro barbaro a far da ipocrita fondale alla lotta? C’ENTRA TUTTO QUESTO certamente nel tunnel che la vicenda Vendola ha avuto almeno il pregio di illuminare a giorno. Finché infatti leggi che ci sono luoghi, a partire dalla California, dove hanno creato degli outlet delle nascite, dove il bambino si sceglie alla spina come una birra e l’utero viene trattato semplicemente come un ciclo di produzione su commissione, la cosa può farti un certo effetto ma resta distante: se ti immagini Nichi, il pluridecorato alla battaglia della sinistra, dei diritti, delle figuracce all’Ilva (per completezza dell’informazione...) ecc., a fare shopping in quell’outlet, beh, l’immaginazione prende un’altra piega. E senza neppure bisogno di ricordare come è stato fatto che “culturalmente”, l’avverbio più caro al Nostro, lui è sempre stato avversario ideologico della “vita del mercato”: e adesso con un gran balzo in avanti (o indietro?) è già passato al “mercato della vita? ” La voglia di paternità non è una macchia sulla pelle, e procurarsi eredi così non è remotissimo dal criterio con cui si sono scelte le razze in epoche scellerate ma tuttavia incombenti. Per carità, Nichi non è Adolf e Tobia Antonio non sarà per forza ariano, ma l’ambulatorio concettuale non è poi così lontano. Misurarsi con un figlio che nasce menomato per chi ne ha contezza è già – che viva o meno – una questione esistenziale profondissima. Ora te lo scegli a misura dei tuoi desideri? Ma perché, mentre il mondo è sovrappopolato e adottare un bimbo è già un’impresa umanamente di grandissima responsabilità e spessore, ci si va a cacciare in un outlet invece che sporgersi verso neonati o bambini che non hanno nessuno, specie in quest’epoca di guerre e denutrizione? In questo senso la contrapposizione tra ciò che si può legalmente fare e ciò che non si dovrebbe è macroscopica. Se non esiste una stamina etica sufficiente a distinguere, davvero tutto è possibile, e guardandoci intorno forse non a caso sembriamo complessivamente orientati a ritornare nelle caverne. In bocca al lupo, Tobia Antonio...