Repubblica 29.3.16
Armando Spataro.
“I servizi segreti non bastano. Per sconfiggere il terrorismo giudici e forze di polizia”
Il
procuratore, dagli Anni di piombo al caso Abu Omar: “No a leggi
speciali, rendiamo effettiva la cooperazione giudiziaria internazionale
nonostante le differenze tra ordinamenti”
di Gianluca Di Feo
Nella
lotta al terrorismo c’è un’impostazione errata che oggi sembra cara
all’Europa: volere privilegiare l’attività di intelligence, trascurando
invece la questione della cooperazione giudiziaria».
Il
procuratore della Repubblica di Torino Armando Spataro è uno dei
pochissimi magistrati ad avere affrontato tutte le sfide criminali più
pericolose: gli Anni di piombo, le mafie e quindi il terrorismo
«cosiddetto islamico », secondo quella che reputa «l’unica definizione
idonea a evitare ogni impropria, se non offensiva, generalizzazione». Ha
condotto in prima persona la più importante indagine in Europa sulla
degenerazione della guerra globale scatenata dagli Stati Uniti dopo l’11
settembre, facendo condannare gli agenti della Cia che rapirono Abu
Omar e i loro complici italiani. E anche per questo fa subito una
premessa: «Credo fortemente alla funzione delle agenzie di informazione
in ogni democrazia. Ma ho più volte affermato che va potenziata la
sinergia tra le tutte le istituzioni e le forze in campo, non il mero
rafforzamento delle attività di intelligence. Bisogna anche operare per
rendere effettiva la cooperazione giudiziaria internazionale, di cui
sono protagonisti la magistratura e le forze di polizia tradizionali».
Su questo punto l’Europa sembra all’anno zero.
«Le
difficoltà dipendono dalla differenze di ordinamento. Molti paesi
dell’Unione europea non accettano che siano i pubblici ministeri a
dirigere le indagini della polizia giudiziaria, con la conseguente
sottrazione delle inchieste alle scelte politiche. E allo stesso modo
nella maggioranza degli stati non esiste il principio — per noi
irrinunciabile — di assoluta indipendenza del pubblico ministero
rispetto al potere esecutivo».
Quando la lotta al terrorismo viene
affidata agli 007 c’è il rischio che venga a cadere ogni possibilità di
controllo democratico?
«Se si opera principalmente attraverso i
servizi di intelligence è chiaro che la guida non potrà che essere
politica. Di qui le scelte prevalenti in favore dei servizi care ai
governi europei, anche a scapito dell’efficienza operativa e della
qualità dei risultati. Inoltre le regole secondo le quali operano i
servizi non possono che essere, per definizione, segrete, dunque diverse
tra loro ed incontrollabili, tali da alimentare spesso metodi d’azione a
dir poco criticabili».
Ma i problemi sono solo di natura costituzionale?
«Non
solo. Spesso si manifestano enormi resistenze nel mettere in comune, a
fini investigativi, le notizie e i dati davvero utili. Le banche dati
esistono ma non comunicano. Evidentemente molti si ritengono proprietari
esclusivi delle notizie importanti. In questi anni ho riscontrato
alcune difficoltà nella collaborazione con le autorità francesi e
britanniche, mentre la cooperazione ha funzionato egregiamente nei
rapporti tra Italia, Germania e Spagna. Non a caso sono paesi che hanno
rispettivamente conosciuto il terrorismo interno delle Brigate Rosse,
della Raf e dell’Eta, riuscendo a sviluppare anticorpi efficaci —
dall’analisi delle strategie e del “pensiero” di quei gruppi, alla
specializzazione investigativa ed allo scambio immediato delle notizie
utili — che ancora oggi servono».
Lei ritiene che l’esperienza maturata negli Anni di piombo sia ancora utile?
«La
sintesi del mio pensiero sta in quella famosa frase del presidente
Pertini: “Abbiamo sconfitto il terrorismo nelle aule di giustizia e non
negli stadi”. Un’affermazione che allude alla correttezza dell’azione
istituzionale ed alla centralità dell’azione giudiziaria».
Molti
sostengono che oggi la portata della minaccia sia tale da imporre leggi
speciali, paragonando la situazione creata dagli attentati di Parigi e
Bruxelles a una vera guerra, da combattere con ogni mezzo.
«La
nostra democrazia non può tornare indietro di un solo passo e non
possono esistere, come qualcuno teorizza, zone grigie nell’affrontare il
terrorismo. Non si torna indietro neppure di un millimetro, per la
semplice ragione che sui diritti non si tratta. È ovvio che ci troviamo
di fronte a fenomeni nuovi, che comportano l’esistenza di scenari di
guerra. Ma l’Italia ha saputo dire no a misure straordinarie come quelle
introdotte dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dalla Francia. Dal
2005 il nostro paese ha varato tre decreti per rispondere alla minaccia
del terrorismo, tutti convertiti in legge con grandissima maggioranza
parlamentare ».
Ci sono diversi esponenti politici, non solo di
destra, che ritengono insufficienti le misure adottate in Italia e
accusano la magistratura di eccessivo garantismo contro il terrorismo.
«Anche
grazie a questi provvedimenti abbiamo conseguito eccellenti risultati
nel contrasto del terrorismo internazionale, tanto che, comparando i
dati dei processi celebrati in Europa, gli esiti in Italia sono tra i
migliori, se consideriamo i numeri delle condanne definitive. Ciò è
sicuramente frutto della grande professionalità della nostra polizia
giudiziaria, ma non si deve escludere la ricaduta positiva di un sistema
di leggi, che si è dimostrato efficace e rispettoso dei diritti delle
persone indagate».
Un’altra delle richieste che vengono avanzate
riguarda la raccolta di massa di dati sensibili, come quella sui viaggi
aerei, e lo scambio nella Ue.
«A chi sostiene che sia legale e
utile nella lotta al terrorismo raccogliere milioni di dati, così
controllando e classificando mezza umanità, si deve rispondere ripetendo
che la concentrazione di miriadi di dati indistintamente raccolti — è
provato — non è mai servita a nulla. Questa raccolta, esattamente come
renditions, torture e prigioni illegali, rischia solo di fornire ai
terroristi storie ed immagini da usare a scopi di proselitismo: così è
avvenuto con quella delle tute arancioni indossate dai prigionieri di
Guantanamo, immagine sfruttata per la tragica scenografia dei crudeli
“sgozzamenti” dell’Is».