La Stampa 29.3.16
“Mi hanno preso, bombardatemi”
L’ultimo atto dello Spetsnaz russo
Catturato dall’Isis, ha fornito le coordinate per il raid
di Gio. Sta.
Quando
ha capito di essere completamente circondato, che i compagni erano
troppo distanti per poter arrivare in tempo, ha scelto di suicidarsi
piuttosto che essere catturato vivo. La certezza di una fine orribile,
forse la paura delle torture e delle umiliazioni. Ma il sottufficiale
dello Spetsnaz, il corpo d’élite delle forze armate russe, ha scelto un
modo particolare per farlo.
Era circa una settimana fa. Gli
Spetsnaz si erano infiltrati dietro le linee dell’Isis, sulle colline
che circondano Palmira a Ovest e a Sud-Ovest. Gli islamisti le avevano
pesantemente fortificate e minate. I corpi speciali dovevano individuare
i punti deboli, indicare ai cacciabombardieri dove colpire. Era la fase
più difficile della battaglia per riconquistare la città. Una volta
prese le colline, e piazzata l’artiglieria alla sommità, l’esercito
avrebbe avuto il controllo di tutta l’area abitata.
I combattenti
dello Stato islamico avevano lì l’ultima vera linea di difesa.
Contrattaccavano le colonne dell’esercito regolare con blindati e
fuoristrada carichi di tritolo. Si nascondevano in grotte e trincee e
sbucavano all’improvviso. Lo Spetsnaz era rimasto intrappolato in una di
queste sortite, tagliato fuori e senza via di fuga. Ha chiamato il
centro di controllo. Ha dato le coordinate Gps del punto in cui si
trovava - o meglio le coordinate Glonass, i russi usano un altro sistema
satellitare, identico a quello americano - e ha chiesto il fuoco di
supporto. Il Sukhoi Su-34 in volo sull’area in quel momento ha
registrato i dati e armato i missili aria-terra ad alto potenziale
esplosivo.
Questione di pochi secondi. Il punto indicato è stato
investito dall’esplosione. Lo Spetsnaz e la pattuglia dell’Isis arrivata
a poche decine di metri sono stati spazzati via. Mosca, qualche giorno
dopo, ha confermato il «caduto sul campo» senza fornire il nome né le
modalità. Ma ha lasciato filtrare la storia. Anche un modo per ridare
lustro a un corpo macchiato dalla cattiva prova al teatro Dubrovka di
Mosca, quando il blitz per liberare centinaia di ostaggi dei terroristi
ceceni finì in un massacro di civili. Ora in Siria gli Spetsnaz giocano
un ruolo fondamentale. Sono stati inviati subito a Latakia per mettere
in sicurezza la base aerea di Hmeimim, dove dal 30 settembre è stato
dislocato il grosso del dispositivo aereo russo. Poi sono stati
utilizzati per missioni di reconaissance per individuare i bersagli. Poi
l’otryad, battaglione di circa 250 uomini, è stato incaricato anche di
azioni in prima linea, a partire da febbraio ad Aleppo. Nella battaglia
di Palmira sono diventati protagonisti. «Questa è un tipo di guerra che
abbiamo combattuto per trent’anni – avrebbe detto un ufficiale -. Questa
è la nostra battaglia». Si riferiva all’Afghanistan, alla Cecenia.
Guerre ibride, a metà fra il tradizionale, la guerriglia, gli attacchi
suicidi. Il terreno ideale dei corpi speciali, come mostrano anche i
blitz della Delta Force americana in Siria e Iraq contro i leader
dell’Isis. Solo che questa volta, anche se a controvoglia, russi e
americani combattono lo stesso nemico e sono di fatto alleati.