Repubblica 22.3.16
Lo slittamento del dibattito interno evita un aspro confronto
Quella partita che logora la leadership del premier
Renzi
rischia di arrivare con troppe divisioni interne al voto amministrativo
Un errore l’invito a disertare il referendum sulle trivelle
di Stefano Folli
La
tragedia in Spagna ha indotto Renzi a rinviare la direzione del Pd.
Sulla carta doveva essere l’occasione per “saldare i conti” con la
minoranza, ma pochi credono che sarebbe accaduto. È da tempo che nel
Partito Democratico non si svolge un confronto interno davvero
chiarificatore e questo contribuisce a spiegare il senso di noia o di
vago fastidio con cui l’opinione pubblica - quella che ancora
s’interessa di cronache politiche - segue questo genere di eventi.
Sta
di fatto che stavolta il grado di tensione interna nel partito del
premier aveva raggiunto una soglia inusuale e può darsi che il solito
intervento in “streaming” del leader, seguito da un rapido dibattito,
non sarebbe bastato per calmare le acque. Si capisce perché. Si
avvicinano le amministrative e il Pd non è così compatto dietro i suoi
candidati: c’è una “zona grigia”, compresa fra i quadri vicini alla
minoranza e una certa area di elettorato, che resta un’incognita. Anche
fra chi rifiuta di abbandonare il partito - e lo vede anzi come la
propria casa - la tentazione di non portare l’acqua alla causa renziana è
forte.
In tale clima la promessa della vigilia (“faremo i conti”)
è suonata eccessiva. Non solo perché suscita perplessità sentire un
segretario di partito, che è anche il presidente del Consiglio in
carica, rendere nota una sorta di spedizione punitiva contro la
minoranza interna. Ma soprattutto perché, a prenderlo sul serio,
quell’annuncio avrebbe finito per esasperare il clima interno proprio
quando si tratta di serrare i ranghi in vista di uscire con il minore
danno (e se possibile con qualche successo significativo) dal voto
comunale. D’altra parte, Renzi non è il tipo che rimane a mezza via con
il rischio di trasmettere all’esterno un’immagine di debolezza. Se
dunque la direzione si fosse svolta, la resa dei conti si sarebbe
trasformata in un momento di scontro dalle incerte prospettive. Non
sarebbe stata utile come chiarimento, ma probabilmente avrebbe creato
maggiore confusione. La drammatica coincidenza spagnola, provocando il
rinvio per lutto e consentendo, fra l’altro, a Renzi di recarsi a
Barcellona, permette ora a tutti un supplemento di riflessione.
Amministrative
a parte, è chiaro che il tema più spinoso era e resta il referendum
sulle trivelle in mare. Qui la posizione “No Triv” è la più lontana
dalla mentalità di Renzi. Non meraviglia che egli abbia cercato in ogni
modo di non accreditarla, benché essa sia interpretata da alcune regioni
di sinistra che hanno promosso la consultazione. Ma la linea “No Triv”
coincide esattamente con quell’approccio che Renzi considera del tutto
sbagliato, il più lontano dalla sua idea di partito riformista. E
tuttavia non è nemmeno questo il punto. Il referendum divide il Pd al
pari di altri temi, ma alla fine ognuno voterà secondo coscienza.
Ciò
che invece ha provocato un malessere che poteva essere evitato con un
piccolo supplemento di buonsenso, riguarda l’invito all’astensione.
Anche i renziani tiepidi si sono meravigliati che sia mancato un minimo
di confronto interno e che qualcuno abbia pensato di risolvere ogni
dubbio con l’invito agli elettori a restarsene a casa. Renzi ha
rapidamente compreso che stava commettendo un errore ed è corso ai
ripari. Il rinvio della direzione servirà anche a questo: a meditare
meglio su un referendum che è ormai alle porte. La nuova direzione si
svolgerà il 4 aprile, quando la consultazione è prevista per il 17.
Qualunque sia la linea del Pd, ci sarà poco tempo per farla conoscere.
In
ogni caso il chiarimento profondo rimane un rebus avvolto in un enigma.
Anche perché si tratterebbe di decidere sulla segreteria del Pd. Al di
là di dubbi e smentite, il vero rebus interno riguarda la possibilità
che Renzi lasci prima o poi la guida, cioè la leadership politica.
Conoscendo il premier, egli non ha alcuna intenzione di cedere. Ma quel
tanto di logoramento che anche il Pd sta sperimentando dopo anni di
potere, lascia aperta l’opzione. Sempre che la minoranza sia capace di
giocare con abilità le sue carte.