Repubblica 21.3.16
Il pressing delle opposizioni su esecutivo e titolare delle Riforme
La
minoranza dem va all’attacco. Gotor: “Serve subito un chiarimento,
anche su Flavio Carboni” Anche tutto il centrodestra critica il governo e
invita Renzi a lasciare Palazzo Chigi
I grillini: “La ministra lasci” Ma la Boschi non arretra “Dimissioni fuori luogo”
di Carmelo Lopapa
ROMA.
Per il ministro Maria Elena Boschi non cambia nulla, non esistono
elementi di novità nella vicenda. Il coinvolgimento nell’inchiesta per
bancarotta del padre Pier Luigi, assieme a tutto il vecchio cda di Banca
Etruria, non la spingerà al passo che le opposizioni, dai grillini ai
leghisti, tornano a invocare. «Io non lascio, l’ho già detto in
Parlamento, rispondo solo di quel che ho fatto, delle riforme,
dell’attuazione del programma», è la linea tenuta da mesi e ribadita, in
privato, anche in queste ore in cui da destra provano a rimetterla nel
mirino. Il convincimento di fondo è che sia normale che le indagini
vengano estese a tutto il cda, la legge è uguale per tutti. Quanto a
lei, il Parlamento si è anche pronunciato con un voto di fiducia appena
due mesi fa.
Per le stesse ragioni, attorno al ministro continuerà
a far quadrato il premier Matteo Renzi. Il semplice principio per cui
«le colpe dei padri non possono ricadere sui figli» lo aveva fatto
proprio e ribadito fin dall’ultima Leopolda, a dicembre. E non si
cambia.
Il caso tuttavia, a questo punto, non è chiuso sotto il
profilo politico per il M5s e la destra più radicale che va da Fratelli
d’Italia alla Lega. La posizione del governo «e in particolare del
ministro sono sempre più indifendibili», scrivono i parlamentari
grillini in una nota, parlando di «schiaffo ai cittadini truffati», di
«conflitto di interessi». È un coro dal M5S: «Pd-Dimettiti», è l’hashtag
che Alessandro Di Battista conia su Twitter. Non sono i soli. Giorgia
Meloni, candidata sindaco di Roma e leader di Fdi chiede le «dimissioni
di Renzi, perché il conflitto di interessi è di tutto il governo», non
tanto del ministro che «è un pesce piccolo» (la Boschi aveva preso le
sue difese nei giorni scorsi nella polemica sulla candidatura in
gravidanza). Di un Pd «che difende i bancarottieri» parla, anche da
Forza Italia, Lucio Malan. «Cosa aspetta la Boschi a dimettersi»,
incalzano invece dalla Lega. E fa due più due, traendo le stesse
conclusioni, la Sinistra italiana: «In migliaia hanno perso i risparmi
nel crac, la ministra si dimetta» sostiene il deputato Giovanni Paglia.
Il
fatto è che lo snodo giudiziario rischia di riaccendere anche
quest’altro fronte, tra maggioranza renziana e sinistra all’interno
dello stesso Partito democratico. Il tutto, a poche ore da una direzione
pd che ha già tutti i connotati di una resa dei conti, intorno
all’allargamento della maggioranza e al ruolo di Denis Verdini e dei
suoi. «Il problema non è tanto Boschi, ma il sotto-Boschi», ironizza ma
neanche tanto il senatore Miguel Gotor, tra i più ascoltati dell’ala di
stretta osservanza bersaniana. «Io concordo col principio di civiltà per
cui le colpe dei padri non possano ricadere sui figli, occorre un
atteggiamento garantista - è la sua premessa quando viene interpellato
sul caso - Ma credo anche che la Boschi debba avere un atteggiamento
condito da minore arroganza, in questa vicenda. E che debba spiegare, da
ministro e non da figlia, come sia possibile che un importante
dirigente pensi di salvare la sua banca incontrando Flavio Carboni.
Perché il nome del faccendiere porta a quello di Denis Verdini che Renzi
ci dice ora sia necessario, con un evidente bluff. Ecco, pensiamo sia
una filiera di rapporti troppo stretta e con elementi di opacità che
richiedano una risposta politica del ministro».