lunedì 21 marzo 2016

La Stampa 21.3.16
Quell’assioma garantista del premier per provare a fare scudo a Maria Elena
Il premier Matteo Renzi difende il ministro Boschi: le colpe dei padri non possono ricadere sui figli
Palazzo Chigi ora si aspetta “lealtà” dalla sinistra dem
di Francesco Bei

Il nuovo colpo che la procura di Arezzo ha assestato al vecchio consiglio d’amministrazione di Banca Etruria - bancarotta fraudolenta, anche per il vicepresidente dell’epoca Pierluigi Boschi - per cerchi concentrici arriva a investire Palazzo Chigi. La ministra-figlia resta in silenzio, determinata a resistere e scansare come un fastidio anche il voto di sfiducia individuale che le opposizioni si apprestano a chiedere in Senato.
Nelle sue conversazioni private il presidente del Consiglio oppone il suo «garantismo» alle richieste di chiarimenti che già iniziano a fioccare da più parti. Con una distinzione fondamentale, un «assioma» che suona così: le colpe dei padri, anche se fossero provate (e per ora siamo ancora lontani dal processo) in ogni caso non possono ricadere sui figli. Altrimenti lo stesso Renzi, che ha il padre sotto inchiesta a Genova per bancarotta da circa 18 mesi, avrebbe dovuto dimettersi. I guai di babbo Boschi se li vedrà lui con i suoi avvocati, «Meb» - come gli amici chiamano Maria Elena - non c’entra, così come non c’entra il suo ruolo istituzionale. Anzi, se da Boschi-padre l’attenzione si sposta a quello che il governo ha fatto sulle banche e in particolare sull’Etruria, il premier rivendica i risultati raggiunti, se li appunta sul petto come una medaglia. Il commissariamento della banca aretina, la riforma dell’intera galassia delle popolari, con il loro vischioso e spesso torbido rapporto con il territorio. Il decreto sui rimborsi ai truffati. In nessuno di questi provvedimenti, secondo Renzi, si può ravvisare un interesse negativo del ministro Boschi, un suo intervento per frenare, nessuno può dimostrare che abbia cercato di salvare il padre o la Banca di cui è stato vicepresidente. L’esecutivo insomma non solo non è rimasto neutrale, ma si è attivato per risolvere il bubbone delle quattro banche spolpate da dirigenti infedeli. Tuttavia anche sul ruolo specifico di Boschi-padre Renzi si mantiene garantista. Lo stesso atteggiamento avuto nel caso di amici e avversari: per esempio quando venne indagato, condannato in primo grado e poi prosciolto il bersaniano Vasco Errani, quando venne accusata di truffa e poi assolta la storica segretaria di Bersani. Persino su quel finanziamento da 98 mila euro, che i Riva elargirono alla campagna di Bersani, l’allora sfidante Renzi non solo non disse nulla ma difese il segretario Pd dell’epoca dagli attacchi. Ricordi e precisazioni per dire che forse Renzi oggi si aspetterebbe uguale solidarietà e garantismo da parte della minoranza interna. Specie quando al Senato le opposizioni unite proveranno ad affondare il colpo con la mozione di sfiducia.
Altra cosa, secondo il premier, fu invece il caso Cancellieri, che sempre viene tirato in ballo per evidenziare la contraddizione tra il Renzi fustigatore del 2013 e il Renzi garantista di oggi. La Cancellieri, da ministro della Giustizia, si interessò «personalmente» per la figlia dei Ligresti in cella. Mentre nulla, salvo prova del contrario, può essere addebitato al ministro Boschi. Questa la differenza.