Repubblica 1.3.16
I diritti dell’amore e quelli dei bambini
di Concita De Gregorio
DIPENDE.
Vorrei vivere in un mondo dove fosse ancora possibile rispondere così a
chi ti chiede — continuamente qualcuno ti chiede — cosa pensi della
medicina naturale della riforma del Senato dell’accesso ai tracciati
telefonici di un morto, delle donne che portano in grembo un bambino che
sarà poi figlio di altri. Dipende, vorrei poter rispondere e invece non
si può perché non c’è tempo, non c’è voglia di capire e di ascoltare,
di distinguere: puoi solo votare adesso, mettere un mi piace, un pollice
verso, scrivere un wow — oppure tacere. Finché un Salvini non dice
«disgustoso egoismo» del fatto che Nichi Vendola e il suo compagno Ed
Testa hanno avuto un figlio.
E ALLORA cosa pensate dell’opinione
di Salvini, su quale spalto sedete, in quale tifoseria vi iscrivete.
Avanti, votate. No, non voto, vorrei poter dire. E poi non essere
obbligata a tacere, il silenzio unico riparo superstite dal circo osceno
delle opinioni sempre nette, sempre urlate, sempre senza dubbio e quasi
sempre ignoranti delle ragioni ultime delle cose — ma domandare e
ascoltare, piuttosto. Perché dipende. La complessità e la delicatezza
delle scelte che riguardano la vita merita ascolto, prima di tutto, e
uno sforzo grande di comprensione. Ciascuno di noi si è trovato almeno
una volta a dover decidere se mettere al mondo o no un figlio, se
mettere fine o no alla vita di un malato terminale, se rivelare o no un
segreto, un tradimento, una passione. Ciascuno fa i conti con la legge
certo, ma prima e soprattutto con la sua coscienza. Allora vorrei — lo
vorrei per me, poi per gli altri — che ci fosse la capacità di provare a
capire, conoscere, mettersi nei panni. Il giudizio, se proprio è
necessario, dopo. Che poi non sempre è necessario. Il tribunale
permanente delle coscienze altrui potrebbe ogni tanto anche prendersi un
turno di riposo e considerare magari, nel silenzio del foro interiore,
la propria.
«Ognuno dal proprio cuor l’altro misura», ha detto
Nichi Vendola di fronte al rigurgito del web. Ha ragione. Vi piace?
Mettete un like. Se proprio è indispensabile dare un’opinione prima di
esaminare i fatti dirò che sono sempre felice della felicità altrui. Per
una ragione egoista e non altruista, aggiungo: perché mi rallegra, mi
contagia. Sono dunque davvero e semplicemente felice di sapere che due
persone che si amano abbiano il figlio che desideravano. Sono contenta
di sapere che sia nato Tobia, e che la sua famiglia viva ore di
meraviglia.
I fatti poi, finalmente: l’ex governatore della Puglia
ha avuto un figlio in California da una donna che lo ha generato nel
rispetto della legge. Il padre biologico del bambino è il suo compagno,
Ed Testa. «La donna che lo ha portato in grembo e la sua famiglia sono
parte della nostra vita», ha detto Vendola. In America, Paese che
continuamente e a buon diritto portiamo ad esempio di libertà e
democrazia, esistono delle regole in base alle quali una coppia dello
stesso sesso può non solo sposarsi ma avere un figlio. Se sono due
uomini, naturalmente da una donna. La quale deve avere alcune
caratteristiche che riassumo brutalmente, me ne scuso, così: deve essere
benestante e volontaria. Non in condizioni di necessità, non costretta.
Una libera scelta. Lo schiavismo, la tratta delle donne, la
sopraffazione, lo sfruttamento non hanno casa in questa storia. Siete
dunque favorevoli o contrari all’utero in affitto, come lo abbiamo
chiamato con orrenda formula? Dipende. Se la donna è prigioniera,
indigente, schiava, costretta dalle condizioni di vita o dal sopruso di
altri a vendere il tempo della sua gravidanza e poi suo figlio:
sicuramente contrari. Se è una sua libera scelta, regolata dalla legge
del Paese in cui vive, seguita e controllata da cento e cento occhi che
vigilano su di lei sulla sua decisione chi sono io, chi siamo noi per
giudicare?
Sull’adozione del figlio dell’altro ho letto e
ascoltato parole sensatissime, competenti, chiare. Dal magistrato Melita
Cavallo, per esempio, una vita spesa al servizio delle adozioni e dei
bambini. Da Stefano Rodotà, giurista e uomo integro. Ma il bene del
bambino?, sento però chiedere. È giusto che un bambino nato dal ventre
di una donna debba essere separato dalla madre, non allattato da lei,
portato a vivere in un altro Paese per assecondare il desiderio di una
coppia che vuole un figlio? Istintivamente no, viene da dire. È qualcosa
che ci mette a disagio, che crea malessere. Però dipende. Da
un’infinità di variabili: chi sono quelle persone, che relazione avranno
tra loro, se manterranno o meno il legame con le origini. Di che natura
sarà quel legame. Dipende da quanto amore ci sarà, in definitiva.
Viviamo in un Paese dove i tribunali dei minori tolgono i figli alle
madri per darli in affido in numero triplo rispetto ad altri Paesi
europei. Un racket dell’affido, hanno mostrato alcune inchieste.
Conviene toglierli, qualcuno si arricchisce. È dunque sempre il bene del
bambino, quello che orienta le decisioni? È sempre vero che per un
bambino stare con sua madre è meglio che stare con una coppia di
genitori che lo accoglie e lo ama diversamente da come il suo destino
avrebbe deciso? Dipende. Caso per caso, bisogna andare a vedere. Avere
testa e cuore. Tobia Antonio è un bambino strappato a sua madre?
Tecnicamente, giuridicamente no. È un bambino nato in un cerchio di
amore di cui la madre farà parte? Una vita ricca e complessa e difficile
come quella di tutti, la sua vita? È possibile. Probabilmente sì.
In
altre circostanze — moltissime altre — questo su Tobia non sarebbe un
dibattito pubblico. Le coppie eterosessuali vanno a fare l’eterologa
all’estero, le donne sole li concepiscono dove possono. Decine di
bambini nascono così ogni mese da quelli che hanno soldi per farlo,
questa sì è la vera discriminazione. Solo chi ha denaro può farlo, in
Italia. In altri Paesi le donne e gli uomini soli — star, attrici,
cantanti celebri — adottano e concepiscono in un batter di ciglia, poi
occupano le copertine dei rotocalchi. Altri mentono: è il figlio
naturale di mio marito, la madre lo ha abbandonato. Ci sono casi
celebri, tutto lo sanno ma nessuno lo dice.
La nascita del figlio
di Nichi Vendola è un fatto pubblico perché lui è un uomo pubblico. Il
suo gesto e quello di Ed, all’indomani dell’approvazione della legge
sulle unioni civili orfana dell’adozione del figlio dell’altro
(stepchild adoption, lo abbiamo detto in inglese) è un gesto anche
politico. È un modo per incarnare una battaglia. Per dire: eccomi, io
sono qui. Quello che penso sia giusto è questo, faccio della mia vita un
manifesto. È perciò legittimo il dibattito. Certo per chi lo patisce
faticoso, ma legittimo. Se e quando l’Italia arriverà a scrivere una
legge che prende atto della realtà è qualcosa che non sappiamo.
Difficile, in questo clima, adesso. Ciascuno continuerà a fare come
crede, e come può.
Secondo coscienza. E se sia giusto o sbagliato
non possiamo davvero dirlo al posto di altri, è già molto difficile
decidere per sé. Certo non possiamo farlo al posto di Tobia, che è
senz’altro benvenuto al mondo. Potremmo chiederglielo quando sarà
grande, se avremo la pazienza di aspettare. Pensa che sorpresa se fra
vent’anni, con un sorriso, rispondesse: mah, dipende.