Repubblica 1.3.16
Nella capitale si frantuma una alleanza che non è mai nata
Le sabbie mobili del voto di Roma e l’ultima trincea di Forza Italia
Berlusconi
preferisce perdere con Bertolaso che far vincere Marchini L’obiettivo:
arrivare al voto del 2017 come interlocutore di Renzi
di Stefano Folli
LE
sabbie mobili nelle quali sembra affondare il centrodestra a Roma
rischiano di inghiottire anche le sue prospettive su scala nazionale. E
si capisce perché. La confusione sotto il Campidoglio riflette il
frantumarsi dell’alleanza che non è mai stata veramente tale fra
Berlusconi, Salvini e Giorgia Meloni, più qualche frangia minore. Vero è
che a Milano si è individuato un candidato unitario per Palazzo Marino
nella persona di Stefano Parisi, un manager stimato ed estraneo ai
partiti come pure agli ultimi vent’anni di storia della destra. Ma è
un’eccezione. In quasi tutte le altre grandi città in cui ci si andrà al
voto, l’intesa Forza Italia-Lega resta ancora un mistero. O mancano le
personalità o sono carenti le idee: sta di fatto che il centrodestra non
incide e certo non dà l’impressione di prepararsi a un ruolo di
protagonista nelle prossime amministrative. A Roma, poi, sembra che le
contraddizioni siano esplose tutte insieme.
Le mini-primarie
consultive organizzate da Salvini nei gazebo della Lega hanno finito per
accrescere il senso d’incertezza, inevitabile quando non si capisce
nemmeno se il candidato in campo (Bertolaso) sia davvero accettato. Il
sondaggio leghista, peraltro aperto a tutti in una città dove i numeri
del Carroccio sono esigui, ha coinvolto qualche migliaio di romani e ha
prodotto un’equa divisione delle preferenze fra i nomi in lizza:
Marchini, Irene Pivetti, Storace, lo stesso Bertolaso. Sono cifre
modeste, anche volendo considerarle veritiere. Ma è interessante notare
come Marchini, il più centrista del lotto, sia in definitiva il più
votato. In altre parole, il personaggio più lontano dalla Lega è anche
quello che una certa base popolare considera in via tendenziale il più
credibile. Ossia il più eleggibile.
Per il resto, l’iniziativa di
Salvini non ha avvicinato di un passo la soluzione del rebus romano. Non
c’è da stupirsi. Lo sbocco più logico dovrebbe essere ora
l’organizzazione di vere primarie per la scelta di un candidato comune.
Ma è proprio quello che Berlusconi non ha alcuna intenzione di
concedere. Il suo uomo l’anziano leader lo ha già scelto ed è l’ex capo
della Protezione Civile. Con il pieno accordo della Meloni che a Roma
dispone di un certo patrimonio di consensi. Il resto gli sembra - e
forse è - una perdita di tempo. Quanto alla “pagliacciata” (sono sue
parole) messa in piedi da Salvini, la vede solo come un tentativo di
forzargli la mano delegittimando Bertolaso. Qualcosa di inaccettabile.
NE
deriva che il centrodestra al momento ha numerosi candidati ma nessuna
possibilità di conquistare il Comune. E forse nemmeno di accedere al
ballottaggio. Diventa palese che Berlusconi preferisce perdere con
Bertolaso che vincere con Marchini. L’autonomia rivendicata da
quest’ultimo lo ha spaventato e infastidito. Se nonostante tutto
l’imprenditore dovesse diventare sindaco raccogliendo via via i voti di
un centrodestra scompaginato - secondo un’ipotesi ancora plausibile -,
la sconfitta di Berlusconi sarebbe conclamata. Anzi, in quel caso si
potrebbe dire che il centrodestra comincia a ricostruirsi intorno a un
altro volto e a una diversa identità.
Forse non accadrà, ma la
semplice possibilità ha creato lo scompiglio di cui vediamo le
conseguenze. Giorgia Meloni contro Salvini, il capo leghista che va per
conto suo, Storace sul punto di annunciare la sua candidatura. E, in
primo luogo, quel che resta di Forza Italia perplessa o francamente
ostile sul nome di Bertolaso. Eppure Berlusconi tiene duro perché teme
più di ogni altra cosa di perdere il controllo sugli altri segmenti
della destra. L’obiettivo è arrivare alle elezioni politiche del 2017 o
2018 avendo ancora la capacità di distribuire le carte e di porsi come
interlocutore-competitore di Renzi. Il quale, al momento, può solo
ringraziare per il caos di Roma, visto che il Pd e Giachetti possono
usufruirne come di un ricostituente insperato.