Repubblica 19.3.16
Elogio del mondo invisibile ma vero
Nel
 suo ultimo saggio lo scienziato e grande divulgatore Philip Ball 
racconta le infinite realtà che non vediamo: dai batteri al magnetismo, 
fino alle tecnologie
di Franco Marcoaldi
Senza 
dover neppure scomodare Dio, e anzi tralasciando per un momento 
l’infinitamente grande a vantaggio dell’infinitamente piccolo, risulta 
subito chiaro quanti, e quanto potenti, siano gli agenti celati alla 
vista che condizionano le nostre esistenze. Basti pensare alla lunga 
lista di micro-organismi che ci circondano: batteri, muffe, virus. È 
vero: a partire dal secolo XVII è venuta
in nostro soccorso la 
tecnologia, con microscopi via via sempre più sofisticati che ci hanno 
consentito di vedere quel che sfuggiva ad occhio nudo. Ma per un 
problema che si chiudeva, subito un altro se ne apriva, nel gioco di 
rimbalzi ininterrotto tra visibile e invisibile. Al punto che oggi, 
quando indaghiamo questa mobilissima frontiera, non dobbiamo più fare 
ricorso all’infinita schiera di spiritelli, demoni, fate, elfi e 
fantasmi, visto che è la stessa scienza a parlarci di “materia oscura”, 
sfuggente e misteriosa, che pure gioca un ruolo centralissimo nelle più 
avanzate teorie fisiche e cosmologiche.
Non c’è verso: 
l’invisibile, che da sempre accompagna la storia umana, continua nella 
sua marcia trionfale. E il suo potere seduttivo, lungi dal calare, 
cresce. Sia nella capacità di influenzare da un indistinto altrove 
quanto avviene sotto i nostri occhi, sia nel sempiterno desiderio umano 
di nascondersi, scomparire, volatilizzarsi. Con tutti i rischi che ne 
conseguono, esplicitati in primis dal solito Platone. Il quale, nella 
Repubblica, racconta la storia del pastore Gige, che, una volta entrato 
in possesso dell’anello di invisibilità, ammazza il re, seduce la regina
 e si impadronisce della corona.
Gira che ti rigira, sarebbero 
proprie queste le costanti tentazioni degli uomini, quando, indossato il
 famoso mantello, hanno la ventura di oltrepassare tale magica soglia: 
sesso, ricchezza e potere. Almeno secondo Platone, per il quale l’uomo 
che agisce nell’ombra abbassa pericolosamente il tasso della propria 
moralità ed è spinto a rubare, gozzovigliare, uccidere.
Ma allora 
come la mettiamo con lo scenario odierno, dove sono quelle stesse 
tentazioni plurisecolari a essersi, in qualche modo, volatilizzate? Non è
 forse vero che si fa sempre più fatica a visualizzare e dunque a 
incarnare le nuove forme del potere e della finanza? Perfino il sesso, 
grazie ad internet, sembra essere entrato in una dimensione immateriale.
 Forse non c’è più bisogno di indossare alcun mantello: nell’invisibile 
ci siamo dentro mani e piedi.
Questi e tanti altri pensieri 
solleva la lunga e fascinosa cavalcata tra mito e scienza, fiaba e 
tecnologia, letteratura e psicologia del profondo, cinema e occultismo, 
che al tema dedica Philip Ball, uno dei più abili divulgatori 
scientifici (e non solo) di area anglosassone.
L’invisibile 
(Einaudi) lascia storditi per la sbalorditiva messe di storie e scoperte
 che si succedono nell’accurata ricostruzione di una vicenda 
ultramillenaria. Nell’antichità nascondersi e occultarsi era, in teoria,
 un buon modo per sfuggire ai mille pericoli quotidiani. Ma nella 
pratica affidarsi a dei poteri magici che potevano implicare terribili 
condanne per stregoneria, era ancor più pericoloso.
Magia, 
peraltro, è una parola ambigua: «Cortina di fumo per i ciarlatani» e, a 
partire dal Rinascimento, cuore segreto della natura stessa — come 
indicano gli itinerari di Pico della Mirandola e Marsilio Ficino. Dunque
 il volano di un’indagine su quelle forze occulte che animano il mondo, 
tra le quali troneggia il magnetismo che forse, suggerisce Bell, si lega
 etimologicamente alla parola “magia”.
Siamo agli albori di quello
 spirito scientifico moderno che, facendo leva proprio sulla tradizione 
della “magia naturale”, ritiene che «molte delle cose che avvengono nel 
mondo, e forse addirittura la maggior parte, hanno cause invisibili». 
D’altronde, Isaac Newton cercherà di spiegare la gravità come “forza 
occulta” e Adam Smith, nella sua teoria economica, parlerà di “mano 
invisibile”.
Nel contempo, la propensione magica fa anche fiorire 
un esercito di imbroglioni: superstizione e credulità popolare sono 
sempre presenti sulla piazza. D’altronde, tra gli apparenti paradossi 
della modernità, c’è l’idea che l’affermarsi progressivo della scienza 
«coincida con un rinnovato interesse per le questioni spirituali, il 
misticismo, la magia».
Basti, per tutti, l’esempio del famoso 
medico tedesco Mesmer, con la sua teoria del fluido magnetico. Ormai, 
comunque, siamo prossimi all’ulteriore e definitivo salto, con la 
tecnologia che penetra baldanzosa «in campi fino allora occupati dal 
mito». Ci penserà lei, d’ora in avanti, a offrire l’invisibile. Senza 
bisogno di maghi e illusionisti.
Così la scoperta di molti e 
diversi tipi di raggi spinge radicalmente verso l’immateriale. 
Nell’ambito delle telecomunicazioni si inviano messaggi «attraverso il 
nulla». Fotografia e fonografo, riproducendo volto e voce all’infinito, 
diventano straordinari moltiplicatori di fantasmi. E non per caso il 
filosofo Jacques Derrida definirà il cinema «una battaglia di spettri ».
Non
 c’è dunque da sorprendersi se, tra gli stessi scienziati a cavallo tra 
Otto e Novecento, vi sia chi comincia a sospettare che la realtà 
visibile sia soltanto un’illusione. Per certo, annota Ball, «non siamo 
mai tornati indietro da questa smaterializzazione del mondo che iniziò 
un secolo e mezzo fa». Affermazione difficile da contestare e facile da 
comprendere anche per chi mastica poca scienza, ma si guarda intorno e 
vorrebbe darsi ragione delle cose.
Quanto al rapporto tra scienza e
 mito, esso in effetti resta aperto e problematico, specie rispetto al 
tema dell’invisibile. I piani, lo abbiamo visto, si incrociano in modo 
sempre più marcato. Eppure è indispensabile tenerli concettualmente 
separati. Ce lo ricorda Ball, invitando a distinguere tra “tecnica” e 
“metafora”. E ce lo ricorda Carlo Rovelli nelle Sette brevi lezioni di 
fisica: un conto è «inventare racconti», un altro «inseguire tracce». 
Gli esseri umani, evidentemente, sono soggetti a entrambe queste spinte.
 E desideri.
IL LIBRO L’invisibile di Philip Ball (Einaudi, traduzione di D. A. Gewurz, pagg. 352, euro 32)
 
