Corriere 19.3.16
Neruda , le donne, gli amori Il timido con il sogno di reinventare la lirica
di Gabriella saba
M
 olti sapevano che non l’avrebbero più rivisto dopo la festa a cui li 
aveva invitati nella sua nuova casa in Normandia per festeggiare il 
sessantottesimo compleanno, il 12 luglio 1972, nove mesi dopo 
l’assegnazione del Nobel e dove si presentò vestito da chansonnier e 
tenne banco tra le risate dei presenti tra cui Cortázar e Vargas Llosa. 
Aveva un cancro alla prostata ed era reduce da un’operazione che gli 
aveva allungato di qualche tempo la vita lasciandogli però una debolezza
 lugubre dietro l’allegria di facciata. Qualche mese dopo avrebbe 
lasciato l’incarico di ambasciatore per tornare in Cile ed è probabile 
che il golpe abbia accelerato la malattia: Pablo Neruda morì dodici 
giorni dopo il colpo di Stato nella clinica di Santa Maria a Santiago, 
dove era stato trasportato d’urgenza in seguito all’ennesima crisi.
Otto
 persone, tra cui la moglie Matilde, lo vegliarono nella casa detta La 
Chascona dal soprannome di Matilde e che i simpatizzanti del regime 
avevano sfregiato nei giorni successivi al golpe, poi ci fu il funerale 
grandioso e commovente: tributo a uno dei più grandi poeti dello scorso 
secolo ma anche il primo gesto di dissidenza collettiva a Pinochet.
Per
 capirne l’importanza occorre riannodare il filo della vita di Neruda, 
percorrerla a ritroso fino al punto in cui l’allora diciannovenne 
Neftalí Ricardo Reyes arriva a Santiago dalla natale Parral, sperduto e 
timido e con il sogno di reinventare la poesia. A vent’anni scrive la 
sua prima opera importante, Veinte poemas de amor y una canción 
desesperada, ispirata ad amori autobiografici che gli guadagna 
l’entusiasmo dei critici e introduce alcuni temi del suo universo 
poetico come il paesaggio protettivo dell’infanzia e la ricerca di 
autenticità nella propria storia. Ma è troppo agli esordi per mantenersi
 con la poesia e deve accettare un lavoro di console ad honorem a 
Rangoon, dove la relazione con la birmana Josie Bliss gli ispira la 
raccolta di poesie erotiche Residencia en la tierra. La gelosia della 
donna che cerca addirittura di ucciderlo lo spinge a cercare rifugio nel
 matrimonio con l’olandese María Antonieta Hagenaar che si rivela da 
subito uno sbaglio .
Incaricato come console a Buenos Aires e a 
Madrid, è soprattutto l’epoca spagnola a cambiare la sua storia, merito 
in parte della nuova compagna Delia Del Carril, un’argentina raffinata 
di vent’anni più grande che lo contagia con la passione comunista (prima
 era anarchico). La Spagna sconvolta dalla guerra civile infiamma la sua
 passione poetica, al centro delle sue poesie c’è adesso un uomo sociale
 che combatte per un ordine giusto tant’è che quando torna in Cile si 
candida a senatore (verrà eletto nel 1945) e lavora per la campagna del 
radicale Gabriel González Videla il cui voltafaccia da presidente 
costringe però Neruda alla clandestinità e poi all’esilio in Europa con 
la parentesi di un anno in Messico: dove dà seguito al suo Canto General
 (opera epica e ambiziosa sull’America Latina) e allaccia una relazione 
con la cilena Matilde Urrutia, con cui trascorrerà per quattro mesi una 
memorabile luna di miele a Capri il cui risultato poetico sono le 
bellissime poesie d’amore Los Versos del Capitán . Certo, una volta in 
Cile Delia viene a sapere di Matilde e lascia Pablo, ma lui è comunque 
un uomo felice quando va a vivere con la Chascona nella sua villa a Isla
 Negra, a un’ora e mezza da Santiago e affacciata sull’oceano. Dalle 
finestre a tutta parete si vedono le onde che si infrangono sulle rocce,
 per il resto la casa somiglia a una nave, stipata di oggetti che Neruda
 accumulava nei suoi viaggi in tutto il mondo. È poco dopo il suo 
rientro in patria che lo studente di letteratura Hernán Loyola va a 
trovarlo e da quel momento la vita del poeta, ormai celebre, e quella di
 colui che sarebbe diventato il suo studioso più autorevole si 
intrecciano.
Comunista espatriato dopo il golpe, Loyola ha scritto
 su Neruda libri importanti per Penguin Random House, Planeta e Galaxia 
Gutenberg. Descrive Pablo al «Corriere» come generoso e ironico e con un
 senso della dignità che gli impediva di mostrarsi sofferente, perfino 
nella fase più critica della malattia. Non solo difende l’ortodossia 
comunista del poeta, che arrivò a scrivere un’ode a Stalin dopo la sua 
morte ma la considera un punto di forza. «La naturale onestà di Pablo 
gli impedì di schierarsi contro il partito anche dopo il Congresso del 
Pcus del 1956 e l’occupazione di Budapest. Piuttosto ammise l’errore di 
aver subordinato la propria identità poetica a un progetto 
storico-politico che immaginava prossimo. A partire da quella data 
cambiò infatti la sua poesia, che passò dalla sfera pubblica a quella 
privata e diventò più ludica».
Ci sarebbero molte altre cose da 
raccontare, per esempio quando imbarcò sul Winnipeg duemila repubblicani
 spagnoli dalla Francia al Cile nel 1939. O la passione per la nipote di
 Matilde: la crisi coniugale fu scongiurata dal trasferimento a Parigi, 
dove Allende mandò Neruda come ambasciatore. Era il 1971, aveva 67 anni.
 
