sabato 19 marzo 2016

Corriere 19.3.16
Intelligentissimi. Si fa (forse) così
di Maria Egizia Fiaschetti

Sono animali notturni. Secondo diversi studi, i gufi hanno un QI superiore alla media, sono più forti (alle 9 di sera i tiratardi mostrano un picco di eccitabilità della corteccia motoria e del midollo spinale) e sviluppano una maggiore attitudine a trovare risposte originali e creative ai problemi. Non solo: dormire poco sarebbe da persone smart , brillanti. Altre ricerche, però, dicono il contrario: la carenza di sonno potrebbe causare un calo delle capacità cognitive (per ogni quattro ore di mancato riposo quotidiano si perderebbe un punto di QI).
Altra caratteristica degli intelligentoni? A differenza di quanto si potrebbe immaginare, sono bevitori abituali. È quanto sostiene la Review of General Psychology che, dopo aver esaminato 1.500 volontari, è arrivata alla conclusione che chi fa uso di alcol è più perspicace degli astemi. Se non fosse che un’indagine svedese del Karolinska Institutet asserisce l’opposto: dai test somministrati a un campione di 49.321 uomini nati tra il 1949 e il 1951 risulterebbe che «un elevato QI induce a comportamenti più salutari per l’organismo». La casistica sul web è, a dir poco, variegata. Basta digitare l’incipit «le persone intelligenti...» ed ecco che, a completare la frase, ne spuntano di ogni: sono più ansiose e meno inclini al sesso occasionale. E ancora: mangiano cioccolato, sono più distratte al lavoro, salgono le scale (uno studio della Concordia University, in Canada, dimostra che salire due piani di fila al giorno ridurrebbe l’invecchiamento cerebrale di 0.58 anni nell’arco dei 12 mesi). Dalla scienza alla Rete dilaga l’ossessione, ai limiti dell’idolatria, per l’intelligenza. Dopo il culto dell’estetica, tra il narcisismo e la ricerca compulsiva della perfezione (poco importa se mediata dal fotoritocco), è la materia grigia il nuovo metro di giudizio? L’ultima frontiera della performance?
Se è vero che la tendenza selfie , specchio di una società centrata sull’individualismo e l’autostima, è ancora molto diffusa, online si moltiplicano i quiz per menti eccelse. Sulla pagina Facebook Test d’intelligenza - Italia (oltre 16.700 mi piace) si va dal «c’è qualcosa di nascosto nell’immagine, riesci a vederlo?» a «conta i punti neri» e «scopri l’errore». La posta in gioco? Trovare la soluzione per il semplice gusto di arrivare là dove altri si arenano: ennesima declinazione dello spirito competitivo che, dal sano confronto, rischia di sconfinare nel delirio di onnipotenza. Dai bicipiti ai neuroni, ovvero come surclassare la concorrenza con un approccio muscolare. Oltre il machiavellismo e la spietatezza da lupi di Wall street. Per eccellere non serve giocare sporco, sabotare il rivale: basta (si fa per dire) allenare le sinapsi. Convinti che l’ enhancement , il potenziamento, sia sempre possibile. Peccato che «la fase saliente, di maggiore plasticità cerebrale — sottolinea Stefano Farioli Vecchioli, ricercatore all’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Cnr — sia quella tra l’infanzia e l’adolescenza. A 40-50 anni si può sviluppare la memoria, ma non aumentare le capacita cognitive». Se dovessimo descrivere la giornata tipo, le abitudini corrette dell’intelligentone, quali sarebbero? «Una buona qualità del sonno, esercizio fisico moderato — spiega l’esperto — e una dieta ricca di acidi grassi polinsaturi, utilizzati nella sintesi della guaina mielinica che protegge i neuroni». Fondamentali, gli stimoli: cinema, teatro, musica, lettura, relazioni sociali...
Tra i fattori che svolgono un ruolo importante nel favorire la neurogenesi adulta, Farioli Vecchioli si è concentrato sull’attività fisica: «Da un nostro lavoro pubblicato nel 2014 — ricorda — si è visto che nell’ippocampo dei topi sottoposti a movimento spontaneo era presente il 30 per cento in più di nuovi neuroni rispetto ai sedentari». Preso atto che l’intelligenza è una dote innata e che, oltre una certa età, non aumenta, come si può conservarla il più a lungo possibile? «Con una dieta sana, bassi livelli di stress e stimoli ambientali si costruisce la cognitive and brain reserve , un tesoretto che può contribuire a evitare o ritardare l’insorgere di malattie neurodegenerative». Senza dimenticare che, dal punto di vista evoluzionistico, il nostro cervello non è stato creato per vivere fino a 75-80 anni e che, a differenza di altre parti dell’organismo, «non è ancora stata trovata una medicina in grado di renderlo più longevo».