venerdì 18 marzo 2016

Repubblica 18.3.16
La sinistra protesta: “Scopriamo dalla Agcom la posizione del partito, chi l’ha decisa?” Guerini: voto inutile, in direzione vedremo chi ha i numeri
Trivelle, lite nel Pd “No al diktat dell’astensione”
di Goffredo De Marchis

ROMA. Non c’erano dubbi neanche prima ma adesso è scritto nero su bianco che Matteo Renzi punta a far saltare il referendum contro le trivellazioni, fissato per il 17 aprile attraverso l’astensione che è ormai la strada più facile per opporsi ai quesiti. Una nota dell’Agcom su come sono schierate le forze politiche preparata per le tribune referendarie in tv, inserisce nella casella dell’astensione il Partito democratico. Non andare a votare significa che l’obiettivo è rimanere sotto al quorum del 50 per cento degli aventi diritto, necessario per invalidare un referendum abrogativo. La minoranza del Pd reagisce, denuncia una decisione che nessun organismo ha ratificato. E protestano le regioni che hanno promosso il quesito, a cominciare dalla Puglia che con Michele Emiliano, il governatore del Pd, è in prima fila contro le trivellazioni senza limiti di tempo.
Renzi risponde con durezza alle critiche del suo partito. Una nota dei vicesegretari Serracchiani e Guerini è ispirata direttamente da Palazzo Chigi. «Non c’è nessuna nuova trivella, ma solo tante bugie. La serietà prima di tutto. Lunedì, alla direzione, parleremo anche di questo e vedremo chi ha i numeri — a norma di statuto — per utilizzare il simbolo del Pd». L’invito all’astensione è chiarissimo: «Questo referendum è inutile — dicono i vice con le parole del segretario — . Chi vuole discutere fa politica. Non spende 300 milioni del contribuente per consultare i cittadini». Un sì all’abrogazione della norma, dicono ancora al quartier generale di Largo del Nazareno, avrebbe anche effetti negativi sull’occupazione. Insomma, non ci sono margini di discussione e se la minoranza vuole, sarà scontro totale.
Roberto Speranza considera grave che la posizione del Pd esca fuori da una carta dell’authority per le comunicazioni, che nessuno ne abbia mai discusso. Gianni Cuperlo si produce in una supplica rivolta a Serracchiani e Guerini ma che in realtà è indirizzata a Renzi. «Ho letto la dichiarazione dei due vice-segretari del mio partito e dico loro, per piacere fermatevi. Usare la forza dei numeri per risolvere problemi concreti riflette uno stile autoritario. Lorenzo, per amicizia mi rivolgo a te: per piacere, pigia il pedale del freno e fallo subito. Un partito si guida con l’ascolto e la tenacia del confronto ». L’appello a Guerini è anche un modo per dividere la maggioranza renziana. Ma la divisione non c’è. Renzi non retrocede e si prepara alla battaglia della direzione dove peserà anche la condanna a Verdini. «La legge è stata votata da tutto il Pd. Un po’ di coerenza per favore. E Speranza era il capogruppo che votò quella legge», sottolinea il premier.
Il punto però, dice Nico Stumpo, è che un «grande partito non può schierarsi per l’astensione. Può scegliere legittimanente di indicare il no oppure dare libertà di coscienza. Ma dovrebbe rispettare tutte le posizioni ». Ad esempio Cuperlo non nasconde la sua scelta: «Andrò a votare e voterò sì». Così come il bersaniano Miguel Gotor. In linea con la richiesta delle regioni proponenti che sono 9 (Basilicata, Puglia, Calabria, Veneto, Sardegna, Calabria, Liguria, Campania e Molise), molte delle quali rette da governatori dem. La risposta di Emiliano, il leader degli sfidanti, è altrettanto dura: «Non sono contento del mio partito e del panico che lo afferra ogni volta che la coscienza si divide dalla verità ». Si poteva evitare il quesito? «Ma il governo ci ha sbattuto la porta in faccia», ricorda il presidente della Puglia. Si potevano risparmiare 300 milioni? «Bastava fissare la data insieme alle comunali. Ma il vero scopo è sempre stato quello di far saltare la consultazione, quindi abbassare l’affluenza ». Renzi da Bruxelles, con i suoi collaboratori commenta: «Emiliano è un dirigente del Pd. Ha mai chiesto al partito di discutere la sua decisione di promuovere il referendum? Quelli della minoranza sono argomenti che non stanno in piedi». Muro contro muro, Pd contro Pd. Ancora una volta.